Apocalisse 3:7-13

7 «All’angelo della chiesa di Filadelfia scrivi:

Queste cose dice il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre:

8 “Io conosco le tue opere. Ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. 9 Ecco, ti do alcuni della sinagoga di Satana, i quali dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, io li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi per riconoscere che io ti ho amato. 10 Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch’io ti preserverò dall’ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. 11 Io vengo presto; tieni fermamente quello che hai, perché nessuno ti tolga la tua corona.

12 Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio (la nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio) e il mio nuovo nome.

13 Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese”.

La città di Filadelfia si trova in una zona collinare dell’entroterra turco, a circa 50 km da Sardi, un po’ a sud est rispetto a quest’ultima. È una città tuttora esistente: si chiama Alasehir ed ha circa 55.000 abitanti. Fu fondata nel 190 a. C. dal re di Pergamo Eumene II in onore di suo fratello Attalo II Filadelfo. Il nome della città è greco e significa “amore fraterno”.

La città era una tappa di passaggio della cosiddetta via reale di Persia, una rotta commerciale percorsa abitualmente dai corrieri nel primo secolo dopo Cristo. Per quanto non sia menzionata in altri passi della Bibbia possiamo ragionevolmente ritenere per via della vicinanza geografica che la chiesa sia stata fondata a seguito della predicazione di Paolo a Efeso, città che, tuttavia, a differenza di Filadelfia, non sorgeva nell’entroterra, bensì sulla costa.

L’analogia che accomuna questa lettera a quella a Smirne è il fatto che siano le uniche due tra le sette a non contenere dei rimproveri. Oltre a questo, vediamo che anche qui compaiono i persecutori di una “sinagoga di Satana” come a quella di Smirne. Andiamo al testo.

Vv. 7-8: Gesù ordina ancora di scrivere al messaggero della chiesa, e presenta se stesso come il Santo, il Veritiero, colui nel quale non c’è menzogna, e come il custode della chiave di Davide, ossia del Regno eterno, la cui porta nessuno può aprire o chiudere senza passare attraverso di Lui. Questo concetto della porta del regno di Dio viene subito ribadita al v. 8, in cui Gesù scrive ai credenti di Filadelfia che la porta per loro è aperta, per via della loro sincera fede, e che nessun nemico o persecutore potrà chiuderla. Gesù conosce le opere della chiesa, e per questa espressione di fede, nessuno potrà bloccarne l’accesso al regno eterno di salvezza. Gesù riconosce una grande virtù nei credenti di Filadelfia: avevi “poca forza”, ma non ti sei piegato: hai confidato in me, hai resistito, non mi hai rinnegato. Sei stata vincitrice in me. Le tue forze, presumiamo numeriche, politiche ed economiche, non erano umanamente sufficienti a reggere l’impatto dell’attacco persecutorio, ma non ti sei persa d’animo: non ti sei affidata alla logica umana che ti avrebbe dichiarato sconfitta, ti sei aggrappata alla speranza che viene dal cielo, che non tradisce, e infatti non sei stata tradita, poiché il Veritiero mantiene le proprie promesse. “Quando sono debole allora sono forte”, non in me stesso ma in Dio (2Cor 2:10).

V. 9: Gesù dice che il frutto di questa vittoria sarà anche esteriormente visibile, come una sorta di trofeo di guerra di cui potranno legittimamente fregiarsi i credenti di Filadelfia, senza viverlo come motivo di orgoglio umano: infatti, Gesù predice che delle persone giudee della sinagoga di Satana verranno a prostrarsi ai loro piedi. I persecutori giudei nelle mani di Satana non saranno più in realtà nelle sue mani, ma verranno a inginocchiarsi di fronte a coloro che avevano perseguitato, a chiedere perdono per le loro azioni empie, a riconoscere, probabilmente, la signoria di Gesù nelle loro vite. Non solo la vostra fede vi ha salvato dalla persecuzione, ma vi ha permesso di divenire strumento di testimonianza e di benedizione affinché gli stessi persecutori abbandonassero la via di Satana per venire a Gesù. Che bell’insegnamento.

Vv. 10-11: alla luce di quello che  ti ho detto, sii allora costante, persevera, e sarai preservata dalla tribolazione che arriverà. Sii attenta, perché il mio ritorno è vicino, può accadere in qualunque momento, e la tua perseveranza è garanzia che nessuno ti toglierà dal capo la corona della vittoria ottenuta in me.

V. 12: guardate che bella immagine in questo versetto: chi vincerà in Gesù sarà posto come “colonna nel tempio di Dio”. Che meraviglia. I salvati saranno posti come sostegno primario del regno di Dio: senza colonne il tempio non regge, e Dio ci promette di essere le colonne del suo tempio, non perché ne abbia bisogno, ma perché ci ama di un amore perfetto! Siamo noi, così piccoli e imperfetti, al centro del suo progetto, siamo il recettore del suo amore così immeritato, e per via di questo saremo il centro della sua Gerusalemme celeste, il suo regno eterno di perfezione descritto in Apocalisse 21.

Ascoltiamo con attenzione ciò che Gesù ci dice con queste parole.

Nella lettera a Smirne Gesù diceva di essere fedele fino alla morte per avere la corona della vita, di sperare in Lui senza avere dubbi, perché nessuno di loro sarebbe stato abbandonato e ognuno avrebbe gustato la perfezione della vita eterna al cospetto di Dio; ecco, questi concetti ricompaiono tutti nella lettera a Filadelfia, ma mi ha colpito ancor di più l’elemento aggiuntivo visto al v. 9: Gesù loda la perseveranza nella fede e ribadisce che tramite questa nessuno sarà da Lui abbandonato, e aggiunge che questa virtù non solo salva, ma contribuisce a salvare chi è perduto, a salvare gli stessi persecutori! Trova così applicazione concreta il Versetto di Luca 6:28: “Benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi perseguitano”.

La fede nella sofferenza o nella persecuzione non è solo un atto di adorazione, ma anche un gesto di testimonianza nei confronti di chi non crede, poiché può vedere in noi quella forza che non viene da facoltà umane, ma che ci arriva dall’alto. È una manifestazione che può essere di grande impatto, ed un incentivo in più per continuare a confidare in Lui nel momento difficile. La nostra fedeltà nella sofferenza è vista da chi ci sta intorno, è una testimonianza potente verso chi non crede, come abbiamo visto a Filadelfia, ed è un incoraggiamento importante per sorelle e fratelli in fede che possono essere ispirati e aiutati dal nostro atteggiamento. Pensate che bello: anche soffrendo, anche sentendoci umanamente senza forze, possiamo essere annunciatori del suo messaggio di salvezza, possiamo concorrere ad edificare il suo regno.

La nostra salvezza, se ci pensiamo, è passata attraverso la sofferenza di Gesù, la sua morte e la sua vittoria sulla morte affinché pagasse al posto nostro per colpe che erano nostre. Gesù ha sofferto per noi pene atroci per donarci la salvezza. Nella prova, nella sofferenza, anche noi possiamo dunque usare il nostro dolore e le nostre difficoltà come una opportunità, non per ritirarci dal mondo e provare risentimento nei suoi confronti, ma per essere noi stessi testimoni del messaggio di salvezza. Non saremo mai soli nel farlo, egli ci accompagnerà e benedirà costantemente nel percorso.