Tra aprile e maggio 2015 abbiamo proseguito il nostro cammino di studio della Parola attraverso il lavoro dei fratelli servitori di Dio e della chiesa che si impegnano nel ministerio della predicazione sia nella nostra comunità che ospiti esterni. Temi che si uniscono in un messaggio comune e di continuità come solo il Signore può guidare nel permettere e sostenere la nostra crescita attraverso questo preziosissimo ed indispensabile cibo spirituale. La Parola ci ammaestra e ci rimprovera (ma sempre con amore) affinché la nostra vita sia sempre degna di Dio e rifletta la Sua santità, che talvolta noi credenti guastiamo quando scappiamo dalla sua presenza e dalla sua tenerezza. La Parola è la chiave di questo nostro terrestre pellegrinaggio, Essa ci esamina e ci conosce (può penetrare fino all’intimo dell’anima e dello spirito e discernere i sentimenti e i pensieri del cuore, perché davanti ad essa tutte le cose sono rivelate e scoperte, come è scritto in Ebrei 4:12,13) e sempre ci invita a seguire e imitare i passi del nostro Maestro e Salvatore Gesù Cristo. È questa stessa Parola, che ci parla di Lui, delle sue scelte e azioni, come narrato dal capitolo 13 di Giovanni (e raccontatoci da Eliseo): la lavanda dei piedi. Poche ore prima della sua temporanea morte Gesù ci lascia questo episodio ricco di significato, ma che esprime senza ambiguità il profondo sentimento che univa il Signore ai Suoi discepoli. E non esiste nulla di umiliante per il Signore se si tratta di dimostrare amore (e se questo avviene per Gesù, a maggior ragione dovrà essere per noi, Suoi seguaci). Così questo esempio ci ricorda che quando saremo umiliati nel fare la Sua volontà, disprezzati da chi appartiene al mondo ribelle che ha deciso di rinnegare Dio, la nostra testimonianza non sarà una forma di sottomissione al rivale o un segno di debolezza nella nostra personalità, ma una traccia della forza immensa che Dio ci ha dato e che ci trascende. Già perché dobbiamo sempre ricordarci che siamo Suoi e apparteniamo a Lui! Qual consolazione più bella possiamo desiderare? Allora seguiamolo senza indugio e paura, serviamolo con l’audacia e con coraggio: l’amore di Cristo ci COSTRINGE scrive Paolo ai Corinzi (2 Corinzi 5:14). Nulla ci potrà mai strappare dalla sua saggia e misericordiosa mano, nessuno ci potrà mai separare dall’amore che Dio ha per noi in Cristo Gesù (Romani 8:39). Questa misericordia Dio non ha mai smesso di mostrarla attraverso i prodigi della Sua grazia, come anche Paolo racconta, quando parla di sé stesso in 1 Timoteo 1:12-20 (messaggio espresso dalla predicazione del nostro fratello Marco), in cui l’apostolo non nasconde come Dio lo abbia stimato degno di fiducia nonostante il suo passato violento e oltraggioso, condotta irregolare mossa dall’ignoranza dell’uomo ancora incredulo. Ma questa misericordia giunge come potenza di redenzione affinché sia palese esempio per le generazioni future di quale amore Cristo ci ama, di quale grandezza è la Sua salvezza che ci offre, quanto vaste le promesse e infiniti i doni, di come Egli mostra di esser il nostro unico e vero rifugio protetto contro ogni male. Ma a noi viene richiesto il passo della fede, a cui seguono quelli successivi delle virtù, di cui scrive Pietro nei primi versetti della sua seconda Epistola, commentati dal nostro fratello Riccardo, e che tracciano una scala che culmina con l’amore; proprio come la nostra esperienza di vita nelle nostre scelte dovrebbe manifestare se desideriamo di prender parte alla comunione con Lui, alle Sue sofferenze e alla Sua gloria. Giacché l’amore che mostriamo è il frutto di quello stesso amore che Dio ha per noi. Gli uomini non crederanno mai che Dio è amore se non lo vedono nella vita di coloro che dicono di essere Suoi seguaci. Ma per questo è necessario CONOSCERE GESÙ, conoscenza che genera azione di bene, base e scopo della nostra esperienza di vita, transitoria e terrena ma che punta lo sguardo in alto, verso il sublime eterno, verso l’attesa destinazione celeste, nostra vera cittadinanza promessa.