Giovanni 1:1-5

La Parola fatta carne
1 Nel principio era la Parola e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio. 2 Egli (la Parola) era nel principio con Dio. 3 Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (la Parola), e senza di lui nessuna delle cose fatte è stata fatta. 4 In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini. 5 E la luce risplende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno compresa.

Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. 2  Essa era nel principio con Dio. 3 Su questi 5 versetti si è scritto di tutto, e ho voluto proporli non per analizzarli uno ad uno per scendere nella meravigliosa profondità di significato che, in queste poche parole, Giovanni riesce a racchiudere, bensì per ragionare sul concetto di TRINITÀ. Ovviamente lo faremo in maniera estremamente breve e sintetica: non ho nemmeno lontanamente la pretesa di riassumere i fiumi di parole che sono state dette e scritte sul concetto nell’arco dei millenni. Quello che cercheremo di fare è di fissare le verità basilari, e lo faremo muovendoci sulla base di due domande fondamentali:

1- Perché Dio è una trinità?

2- Che cosa rappresenta la trinità per noi credenti?

Dato che, pur avendo cercato sintesi, la trattazione si è allungata, e in questa prima parte ragioneremo solo sulla base della prima delle due domande: “Perché Dio è una trinità?”, lasciando a una seconda parte la risposta alla seconda.

Pochi giorni fa ho iniziato un libro intitolato “Il Dio d’ amore”, di Michael Reeves: una bella indagine sulla trinità, che propone delle riflessioni importanti sulle quali non è assolutamente immediato soffermarsi.

Una delle prime frasi con cui il libro si apre è una sentenza che mi ha colpito:

“Dio è amore perché Dio è trinità”.

Dio non potrebbe essere l’espressione perfetta dell’amore se non fosse uno e trino.

Perché? Ammetto che questa espressione mi ha lasciato interdetto, dal momento che, dopo averla letta, non riuscivo a dare una risposta, né di conferma, né di confutazione.

Perché Dio può essere compiutamente amore solo alla luce della trinità? Perché, se neghiamo la trinità, Dio non può più essere amore, inteso come amore perfetto?

Proviamo a pensare a due attributi tipici e giusti che assegniamo a Dio: creatore e padre. 

Dio è creatore, è colui che ha creato ogni cosa. Tuttavia, racchiudere la descrizione di Dio in questo solo aggettivo risulta terribilmente riduttivo, e finirebbe per allontanare Dio dai suoi requisiti fondamentali. Perché? Provate a pensarci: perché un creatore, per essere tale, ha necessariamente bisogno della sua creazione. Vi è una necessità. Proviamo a pensare ad un inventore: un inventore è colui che crea qualcosa di nuovo, che porta alla luce qualcosa che prima non esisteva. Un inventore è tale solamente se inventa, così come un creatore è tale solamente se crea. Se io non invento nulla, non sono in inventore. Chi non crea, non è più un creatore. Il creatore ha bisogno dell’oggetto, della sua creazione, per potersi definire tale. Questo significa che, se Dio fosse solo creatore, avrebbe bisogno di noi. Dio ha bisogno di noi per essere legittimato? Siamo noi a conferirgli valore? È ovvio che non è cosi. Dio non ha assolutamente bisogno di noi, e pertanto non può essere definito solo come un creatore. Dio non ha bisogno di noi, ma ci vuole vicini a sé! Ecco il punto: per quanto Dio potrebbe benissimo fare a meno di noi, vuole che stiamo stretti accanto a Lui, che lo conosciamo, che lo ascoltiamo, che ci lasciamo guidare dalla sua persona. Dio, il Dio creatore, ci è dunque innanzitutto PADRE.

L’amore paterno che Dio ha per noi in quanto figli è generatore della prima persona della trinità: Dio non ha bisogno di noi ma ci vuole con sé perché ci ama come un padre ama il proprio figlio piccolo, che ha costantemente necessità di essere da lui istruito e guidato.

Questo amore paterno, di per sé, non poteva però riassumere pienamente la perfezione dell’amore di Dio. Un padre, nel dimostrare amore per il proprio figlio, si spende per lui, lo aiuta, lo sostiene, si sacrifica per lui: si sacrifica, ecco il verbo che ci fa transitare alla seconda persona della trinità, il figlio.

Abbiamo letto che “in principio era la Parola, e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio”: questa Parola, come sappiamo da ogni commentario, è Gesù, quel Gesù che era nei piani di Dio fin dal principio, come dice Giovanni, incarnazione dell’amore di Dio che ha abitato in mezzo a noi, che ha pagato per noi, pur essendo senza colpe, per espiare i nostri peccati.

Gesù è la vera vita, la luce degli uomini che non sarà mai sopraffatta dalle tenebre. La luce che ha vinto sulle tenebre. Dio ci ha tanto amato da mandare suo figlio a morire per noi per darci vita eterna. Dio, nella sua seconda persona, quella di Gesù, si è fatto uomo, come noi, si è fatto figlio, come noi, simpatizza con noi nelle nostre tentazioni perché le ha sperimentate sulla sua pelle, proprio come noi!

Dio non è un padre distante, lontano: dato che nessuno di noi poteva raggiungerlo pienamente, è lui che si è fatto uomo per raggiungere noi e salvarci tutti, uno ad uno!

Quale manifestazione più grande di amore poteva esserci? Il sacrificio, l’immedesimazione, la misericordia… Tutto ciò ha concorso nel costruire manifestazione perfetta del piano di salvezza che Dio aveva programmato per noi fin dal principio dei tempi: non ha bisogno di noi, ma ci ama.

Giovanni, nel brano che abbiamo letto, ci dice che la Parola ha abitato per un periodo in mezzo a noi, fino alla sua morte terrena e alla sua resurrezione. Questa permanenza però, come noi sappiamo dalla lettura della Bibbia, non si è di certo esaurita nel brevissimo periodo di 33 anni in cui la Parola, ossia Gesù, ha vissuto fisicamente in mezzo a noi: è qui che entra in gioco la terza persona della trinità, lo Spirito Santo, che rende pervasivo, completo e perfetto il concetto di trinità.

In 2Cor 1:22 Paolo scrive che Dio ci ha dato la caparra dello Spirito Santo. La caparra, ossia l’anticipo: è un termine molto significativo. L’anticipo della presenza di Dio che sperimenteremo nella sua pienezza per l’eternità una volta al suo cospetto. La terza persona di Dio è con noi. Gesu ci dice che egli è con noi tutti i giorni fino alla fine dell’età presente, e la sua presenza si sostanzia nel fatto che abbiamo la terza persona di Dio in noi, lo Spirito Santo che ci guida e ci accompagna, che ci insegna, che ci dà quella forza di agire contrariamente a ciò che le forze terrene ci spingerebbero a fare.

Dio non è un Dio lontano, trascendente, sentenzioso e distante: Dio si è fatto carne nel figlio, ha vissuto con noi e ha pagato per noi, e Dio è concretamente presente in noi ogni giorno, non come un elemento ideale, teorico, ma come una realtà concreta che ci guida e assiste ogni giorno. Io per primo non riesco a rendermi conto della portata di ciò che la Parola ci dice, ma è vero, è innegabilmente vero. La fiamma dello Spirito Santo è in ognuno di noi: gioisce con noi, soffre con noi, si contrista per i nostri peccati. A noi sta il compito di tenerla costantemente accesa.

La domanda che ci siamo fatti ed oggetto di odierna trattazione era: PERCHÉ DIO È TRINITÀ? Riassumendo, abbiamo ora gli elementi per rispondere. Come abbiamo visto, Dio doveva necessariamente acquisire la forma trinitaria e l’unitarietà nella trinità per poter esprimere in maniera compiuta il suo amore. Un Dio padre che non ha bisogno di noi ma che ci ama e ci vuole con sé, un Padre che si immedesima con gli errori e le sofferenze dei figli al punto tale da divenire figlio egli stesso sacrificandosi per noi, ed un Dio che continua a seguirci, passo passo, guidandoci ed amandoci in ogni fase della nostra vita.

La trinità è l’unicum, quell’elemento di distinzione che separa il nostro Dio, il vero Dio, da ogni altro dio. Nessun altro dio acquisisce forma trinitaria, ed essa è la condizione necessaria affinché si possa concretizzare la verità biblica secondo la quale Dio è amore: Dio è amore poiché Dio è trinità. Non potrebbe essere altrimenti. Senza l’amore perfetto del Padre che si sostanzia nel figlio che muore al posto nostro e dello Spirito Santo che ci accompagna, Dio non poteva essere amore: l’amore vero, quello descritto dalla Bibbia, quello autentico e perfetto.

Di conseguenza, siamo ora attrezzati per rispondere alla seconda domanda: che cosa deve rappresentare per noi credenti la trinità? Questo è ciò di cui si tratterà la prossima volta: ragioneremo brevemente di antitrinitarismo, ossia di chi storicamente ha rifiutato e di chi rifiuta la trinità, e di come, restando saldamente ancorati alla Parola, dobbiamo invece difendere e vivere concretamente ogni giorno la verità della trinità rifiutando le eresie che da essa deviano, poiché, come abbiamo visto, senza trinità non può esservi Dio.