Giona è un profeta galileo dell’antico testamento, che visse nel regno di Israele nell’ottavo secolo avanti Cristo. In questo libro, che presumibilmente fu scritto da lui stesso, si racconta di Dio che lo mandò a Ninive per un compito molto particolare: solitamente i profeti erano chiamati da Dio a profetizzare per il proprio popolo; Giona, al contrario, fu mandato da Dio a Ninive, importantissima città dell’Assiria, a predicare il ravvedimento a tutti i suoi abitanti, pena la distruzione. Giona dunque deve profetizzare tra gli stranieri, in una città ostile, dedita all’idolatria e a pratiche aliene a quelli che erano i comandamenti di Dio. Forse è proprio per questo che Giona, anziché andare a Ninive, si imbarca per Tarsis, città che forse si trovava in Spagna. Giona disobbedisce a Dio e va dall’altra parte. Perché Dio lo mandò a Ninive? Probabilmente voleva dimostrare (come poi testimoniato da Gesù quando parlò del segno di Giona) al popolo di Israele, popolo dal collo duro, come persino un popolo straniero e idolatra ascoltasse la sua voce, mentre il suo popolo eletto girava la testa dall’altra parte. Una lezione, in sostanza.
Giona però, come abbiamo visto, si macchia di una grave colpa e, forse spinto anche da uno spirito di superiorità che non voleva portarlo a sprecare le proprie energie con degli stranieri, fugge via imbarcandosi per Tarsis. Nel fare questo, viene colpito, con tutta la barca in cui si trova, da una pesante tempesta che sta per far naufragare il mezzo. L’equipaggio comprende che il disobbediente Giona è la causa del disastro che sta per compiersi – e lo stesso Giona ne è consapevole! – e lo getta in mare nel tentativo di salvarsi.
Per Giona dovrebbe essere morte certa; al contrario, Dio, nella sua misericordia, dopo aver punito Giona, manda un pesce che lo inghiotte e lo tiene nel suo ventre per 3 giorni e 3 notti, salvandolo.
Leggiamo il capitolo 2.
Giona si rende conto che essere finito nel ventre del pesce non è frutto di una casualità, ma che il Signore ci ha messo mano.
Giona descrive nei primi 7 versetti la natura materiale della sua sciagura in maniera tale da far comprendere che ormai c’era poco da fare se non attendere la morte; tuttavia, alla fine del versetto 7 compare il “ma” che cambia tutto: ma tu Signore mi hai fatto risalire dalla fossa!
Giona, mentre stava per morire, si ricorda del Signore, si rende conto profondamente del male che ha fatto, e la sua preghiera (v.8) giunge a Dio, che lo salva. Giona aggiunge al v.10 di aver fatto dei voti, nella preghiera, e che offrirà sacrifici di ringraziamento.
Al capitolo successivo, dopo essere stato salvato, sappiamo che Giona si recò a Ninive, e che la sua predicazione fu efficace nel far ravvedere i Niniviti: probabilmente il suo voto fu proprio quello di, dopo aver chiesto perdono, accettare di sottomettersi a Dio riassumendo il ruolo di profeta a Ninive che inizialmente aveva rifiutato.
Giona, al v.9, riconosce che seguire gli idoli vani non porta a nulla, e che, possiamo aggiungere noi, assecondare le nostre paure senza affidarle al Signore non ci porterà ad avere successo. Giona dà ascolto alla paura, non si fida di Dio, e va molto molto vicino a morire; non muore solo per via della misericordia di Dio. Misericordia immensa, che si concretizza non solo nel perdono e nella salvezza materiale di Giona, ma nella sua completa riabilitazione, testimoniata dal fatto che Gions non viene rispedito a casa da Dio, ma a Ninive! Ti perdono e ti do un’altra possibilità per fare ciò che prima ti sei rifiutato di fare. Dio è davvero buono e misericordioso.
Al v.11 Giona viene vomitato dal pesce sulla terra ferma, e poi riceve, al capitolo terzo, l’ordine, stavolta messo in atto con successo, di andare a Ninive.
Ora, obiettivo di questo messaggio non è quello di approfondire la simbologia, comunque potente, del percorso di Giona, il significato del pesce, dei tre giorni e tre notti di permanenza, del segno di Giona di cui parlò Gesù. Vorrei utilizzare la storia di Giona prima di arrivare a Ninive come paradigma dell’amore e della misericordia di Dio affinché ci possa far riflettere su come non dobbiamo commettere l’errore di pensare che le nostre condotte sbagliate ci condannino ad essere indegni di ricevere la benevolenza di Dio e la sua guida.
Partiamo da un presupposto chiaro: ognuno di noi, per sua natura, è indegno di ricevere l’amore, la misericordia è il perdono di Dio. Non esistono classifiche. Con le nostre forze, nessuno di noi può accostarsi a Dio. Non esistono classifiche di merito . Il peccato ha separato ognuno di noi da Dio, dal primo all’ultimo. Per questo motivo, Dio ha mandato Gesù a morire per noi, a pagare al posto nostro, pur essendo senza colpa, per quelle colpe che erano le nostre. Gesù ha vinto la morte, ha interrotto questa separazione, per mezzo della sola fede in Lui siamo riconciliati con il Padre e salvati.
Noi non siamo giusti, ma siamo giustificati per mezzo della fede.
Questo significa che, poiché abbiamo fede in Gesù e siamo quindi salvati, possiamo continuare a vivere come ci pare? No di certo, ci dice Paolo. Dio ci ha dato la sua Parola per vivere secondo i suoi ordini, e ci ha dato lo Spirito Santo per affrontare le difficoltà e le tentazioni senza affidarci alle sole nostre forze.
Ciò significa che non peccheremo più? No, peccheremo ancora, ma il tutto sarà parte di un percorso di caduta, perdono, ravvedimento e progressione verso la santificazione: un cammino costante.
Per Giona fu così: cadde, fu punito, si ravvide e fu perdonato. Giona poteva dirsi meritevole di perdono? No, Giona non poteva disputare con Dio partendo da questo presupposto, e non lo fece. Chiese solamente perdono, e Dio glielo concesse pienamente!
Questo vale anche per noi! Se Giona avesse basato la sua condotta semplicemente sul dire “Ho sbagliato, me ne rendo conto, e non posso più presentarmi a Dio a causa del mio errore”, probabilmente sarebbe morto. Se noi, quando ci troviamo a sbagliare, anziché presentarci a Dio ci giriamo semplicemente dall’altra parte, ci allontaniamo da Dio magari perché ci vergogniamo di ciò che abbiamo fatto, stiamo eliminando un elemento imprescindibile della fede: il PERDONO. Dio perdona, Dio ha già fatto pagare, nella sua misericordia, il prezzo di tutte le nostre colpe a Gesù. Quel conto lo ha già pagato lui. Non possiamo ignorare tutto questo.
Non dobbiamo commettere l’errore di dire: “Sono troppo ingiusto agli occhi di Dio, sono troppo immeritevole, è meglio che mi nasconda e mi chiuda in me stesso!”.
No, sei immeritevle come tutti noi, ma Dio ti ama in modo perfetto e non si stanca mai di perdonarti e di accogliere il tuo sincero ravvedimento. Anche se poi magari ricadrai nello stesso errore? Sì, anche se ci ricadrai; tuttavia, ti darà le forze per affrontarlo, per combattere quella battaglia nel tuo percorso di santificazione.
C’è un elemento ancora peggiore da cui dobbiamo tenerci alla larga: se, di fronte agli errori, reagiamo chiudendoci, convincendoci che non possiamo essere amati da Dio perché siamo troppo meschini, finiremo per fare ciò che Giona scrive nel v.9: di fronte alle difficoltà, di fronte ai problemi, anziché andare da Dio, andremo sempre di più proprio da quegli idoli vani, da quegli idoli che ci fanno del male; anziché allontanarci dal male, ci tufferemo sempre più a capofitto in ciò che ci ferisce e in ciò che ci allontana da Dio. Non dobbiamo farlo.
Dio ti ama, Dio ti conosce in modo perfetto, Dio ha fatto pagare a Gesù il prezzo delle tue colpe, di tutte, di ogni tipo, senza limiti, né confini. Hai sbagliato? Chiedi perdono a Dio e riparti. Sbagli di nuovo nello stesso ambito? Richiedi perdono a Dio e chiedigli la forza per affrontare ciò che ti fa del male e che ti allontana da Lui. Con pazienza e perseveranza, passo dopo passo. Non pensare di doverti allontanare da Dio perché il peso dei tuoi errori ti rende indegno di ricevere il suo amore. Dio ti ama: sei suo figlio; ti perdona, vuole stare con te, vuole benedirti, vuole contribuire al tuo percorso di santificazione; ti vuole vittorioso sul male, fino al giorno in cui sarai trionfatore con Lui per l’eternità, nella Sua gloria. È una sua promessa, e Dio mantiene le promesse.
Sia lode a Lui per questo.