1Corinzi 7
Il matrimonio
Ge 2:18-25; Mt 19:3-12
Or quanto alle cose di cui mi avete scritto, è bene per l’uomo non toccare donna; ma, per evitare le fornicazioni, ogni uomo abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito. Il marito renda alla moglie ciò che le è dovuto; lo stesso faccia la moglie verso il marito. La moglie non ha potere sul proprio corpo, ma il marito; e nello stesso modo il marito non ha potere sul proprio corpo, ma la moglie. Non privatevi l’uno dell’altro, se non di comune accordo, per un tempo, per dedicarvi alla preghiera; e poi ritornate insieme, perché Satana non vi tenti a motivo della vostra incontinenza. Ma questo dico per concessione, non per comando; io vorrei che tutti gli uomini fossero come sono io; ma ciascuno ha il suo proprio dono da Dio; l’uno in un modo, l’altro in un altro.
Fratelli e sorelle, il matrimonio è sotto attacco.
E’ inutile prenderci in giro: in Italia, paese comunemente cattolico, la famiglia è sotto attacco da tutti i punti di vista e non ci sono iniziative che la tutelino e si prendano cura dei singoli membri, dalla nascita alla morte. Credo che noi cristiani dovremmo darci un po’ una svegliata di fronte a questa sfida storica.
Sono profondamente convinto che nei prossimi anni la trasmissione della fede avverrà sempre più grazie alle famiglie (piccola chiesa domestica). Se non siamo noi (per noi intendo tutti quelli che credono nel sacramento del matrimonio e che lottano ogni giorno per tenerlo vivo) a testimoniare l’amore con cui Dio ama l’umanità attraverso gesti concreti e tangibili, chi lo deve fare? No, non è più il tempo di tirarsi indietro, anche perché il diavolo odia il matrimonio e per questo lo attacca: semina discordia ed esalta le differenze, induce in tentazione.
Odia la famiglia perché la coppia è immagine di Dio, è riflesso dell’amore con cui Dio ci ama e ama la sua Chiesa, perché guardando a un uomo e una donna uniti dal sacramento del matrimonio è possibile contemplare il mistero trinitario, quell’unità che tanto è detestata dal demonio.
Il maligno, dunque, tenta ma è sempre l’uomo a scegliere, in libertà. La grande sfida è essere pronti a voler rappresentare Dio all’altro. Non è la perfezione a rendere saldo un matrimonio e cercarla sarebbe ulteriore occasione di delusione.
La strada, non semplice, diventa allora quella che richiede una capacità differente. Serve amare come Dio: usare misericordia anche mille e mille volte, avere un tono mite, essere pronti a ricominciare sempre. Questo amore ci pare difficile da dare, ma non è diverso da quello che noi stessi chiediamo ogni giorno al Signore. Possiamo riceverlo e possiamo darlo.
Nelle relazioni deve essere la grazia a motivare il nostro agire, la Parola di Dio è molto incentrata sulle relazioni e che come, ad esempio, il rapporto matrimoniale è destinato a non durare quando si basa sui diritti e sui doveri, perché un agire non motivato dall’amore genera malumore, fastidio, inevitabile insorgere di conflitti, litigi, recriminazioni e accuse, ecc., tutte le nostre relazioni sono destinate a subire analoga sorte se non impariamo ad applicare agli altri la grazia che Dio riversa su di noi.
Conoscere Dio deve indurci ad estendere ad altri la Sua grazia, ad instaurare relazioni improntate ad amore, accettazione, perdono, incoraggiamento, a comportarci in modo tale che le persone ci apprezzino e con noi si trovino bene.
Da tutta la Scrittura emerge l’importanza che Dio attribuisce all’area relazionale.
Matteo 22:36-39 «Maestro, qual è il grande comandamento della legge?». E Gesù gli disse: «”Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutta la tua mente”. Questo è il primo e il gran comandamento. E il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti»
La risposta che Gesù diede a chi Gli chiese qual è il maggior comandamento della legge, fa riferimento al nostro rapporto con Dio e a quello con gli altri, infatti indicò i primi due comandamenti che per l’appunto riguardano le relazioni e costituiscono il cuore del cristianesimo.
Anche la legge di Mosè comandava di amare il prossimo, ma nel Nuovo Testamento cambia la misura dell’amore che Dio ci comanda.
Giovanni 13:34-35 Vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri».
Gesù definisce nuovo il comandamento, in quanto è nuova la misura dell’amore che richiede: “come io vi ho amato”.
Il modo con cui Gesù trattò i Suoi discepoli ci serve da esempio: non li rifiutò mai quando sbagliavano, non li punì, non li sostituì con altri, ma continuò ad amarli; anche Giuda sarebbe stato perdonato se si fosse pentito.
Amare gli altri come ci ama Gesù è umanamente impossibile, ma poiché Egli vive in noi, per fede possiamo dire con l’apostolo Paolo: “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”, con la conseguenza che non siamo più noi ad amare gli altri, ma Gesù che è dentro di noi.
Tale tipo di amore denota maturità ed è proprio dei discepoli, non dei semplici credenti. Esiste una profonda differenza, infatti, tra l’essere credente ed essere discepolo, poiché mentre il credente ha semplicemente creduto nel sacrificio di Cristo e ricevuto gratuitamente la salvezza, per diventare discepolo c’è da pagare un prezzo fatto di dedizione, servizio, umiltà, obbedienza, sottomissione, rinuncia del proprio carattere.
Si può rimanere credenti a vita e avere ricevuto la salvezza, ma non essere trasformati nel carattere e continuare ad agire carnalmente.
I veri discepoli sono coloro che hanno deciso di somigliare a Gesù e che esprimono l’amore agàpe, il tipo di amore di Dio, segno soprannaturale che li contraddistingue e che è un segno di relazione.
Non siamo più sotto la legge mosaica, tuttavia abbiamo una legge, quella di Cristo, che è legge di amore e di libertà in quanto l’amore non può essere in alcun modo imposto, deve nascere dal cuore sia nei riguardi di Dio che del prossimo.
La legge dell’amore è più forte di quella dell’A.T. perché, mentre quest’ultima, pur essendo santa, dava il comando ma non forniva la forza per adempierlo, la legge dell’amore è sostenuta dalla grazia.
Galati 6:1-2 Fratelli, se uno è sorpreso in qualche fallo, voi che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. Ma bada bene a te stesso, affinché non sii tentato anche tu. Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo.
Portare i pesi gli uni degli altri, oltre che condividere problemi ed afflizioni, vuol dire anche aiutare chi, trovandosi in difficoltà e liberatosi dell’orgoglio, riconosce quale grande benedizione sia l’essere soccorsi e sostenuti nel momento del bisogno e chiede aiuto. Aiutarsi vicendevolmente aiuta ad adempiere la legge di Cristo.
La seconda epistola di Paolo ai Corinzi ci mostra il suo modo non carnale di relazionarsi con quei credenti.
2Corinzi 1:12 Il nostro vanto infatti è questo: la testimonianza della nostra coscienza, che nel mondo e specialmente davanti a voi, ci siamo comportati con la semplicità e sincerità di Dio, non con sapienza carnale, ma con la grazia di Dio.
A Corinto, città di transito e di scambi di vario tipo, strategica ai fini della diffusione del Vangelo, l’apostolo aveva fondato una chiesa con cui, però, aveva rapporti piuttosto problematici.
Essendo una chiesa giovane e immatura, molti credenti agivano carnalmente e si prestavano all’immoralità, tanto che l’apostolo era stato costretto ad usare severità e aveva persino dato qualcuno in mano a satana, affinché si ravvedesse e cambiasse vita, un uomo che aveva commesso un peccato molto grave.
Per questo motivo aveva anche deciso non andare a trovarli, come precedentemente promesso, e molti erano divenuti critici nei suoi confronti, poiché non avevano compreso la motivazione del suo cuore.
In seguito Paolo chiarì che la sua decisione era stata motivata da amore nei loro confronti, che aveva rinunciato a visitarli perché temeva di trasmettere loro la sua tristezza e che li avrebbe visitati quando quell’uomo si fosse ravveduto, perché allora avrebbe potuto trasmettere la sua gioia.
Precisò che non aveva agito secondo la sapienza umana, che è fatta di ripicche, recriminazioni e accuse, che pretende le attenzioni degli altri, conosce i propri diritti, ma non esamina né riconosce le proprie colpe e alla fine rovina i rapporti, ma secondo la grazia di Dio, che non ferisce, non ama rattristare, vince il male col bene, desidera il meglio, perdona.
I rimproveri di Paolo erano stati dettati da amore per quella chiesa di cui era padre fondatore, erano improntati alla semplicità e alla sincerità che vengono da Dio, venivano da un cuore attento e sensibile come quello di Dio.
La grazia di Dio va applicata soprattutto all’interno della famiglia.
Quando i figli agiscono male o sono irrispettosi, pur soffrendone i padri non rompono i rapporti, li perdonano senza badare ai loro meriti, perché con i figli non hanno un rapporto di legge, ma di grazia.
Anche tra coniugi quando uno dei due sbaglia, l’altro dovrebbe essere disposto a perdonare, per evitare l’insorgere di risentimenti, amarezza e delusione deleteri per il rapporto.
Non essere accettati quando si sbaglia, costringe a difendersi indossando una maschera d’ipocrisia che rende più graditi, ma fa soffrire, perché impedisce di essere se stessi.
Nella parabola del servitore spietato si legge che il servo a cui il padrone aveva condonato un gran debito non seppe fare analoga grazia ad un suo conservo che gli doveva una piccola somma.
Come ci comportiamo nei confronti dei nostri fratelli, noi che abbiamo ricevuto grazia dal Signore? Le nostre relazioni sono improntate alla grazia o alla legge? Quando gli altri sbagliano, sappiamo usare indulgenza e benevolenza?
Chi si attiene alla legge non ha compreso che la grazia di Dio non può essere a senso unico.
Guardiamoci dall’usare la sapienza carnale e dall’applicare alle nostre relazioni il legalismo fatto di regole e di leggi che inducono a rispondere al male col male e ad innescare un’interminabile spirale di astio; la grazia ci offre l’opportunità di correggere chi sbaglia con amore, senza esporre all’infamia e senza punire, perché la grazia conduce alla riconciliazione e al ripristino dei rapporti.
La famiglia è il nostro principale bene terreno, che abbiamo il dovere di curare e che è nel cuore di Dio, ma è necessario conoscere i modelli divini che la riguardano, poiché senza di essi il rapporto tra i coniugi può deteriorarsi fino al fallimento totale della loro unione, con conseguente distruzione della famiglia.
L’istituzione familiare oggi oltre ad essere sotto attacco è anche malata e al suo interno urge un risveglio di grazia.
Nel Nuovo Testamento, Dio ci rivela il Suo modello di matrimonio, che nell’Antico Testamento era nascosto in quanto riguarda il rapporto tra Cristo e la Sua Chiesa.
È un modello che porta gioia e pace e che non conosce la separazione e il divorzio.
Lo vediamo rappresentato in 3 diversi libri del N.T. Il modello di Dio è spirituale, ma se chi nasce di nuovo impara ad attuarlo, ne vede gli effetti nel naturale.
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1 Corinzi 7 parla dei problemi che possono insorgere all’interno del matrimonio e delle soluzioni di Dio. Molte persone giungono alla salvezza con alle spalle matrimoni distrutti e accade frequentemente che Dio, nella Sua opera redentrice, li ricostruisca
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Efesi 5 parla delle responsabilità dei coniugi.
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1 Pietro 3 pone l’accento sui loro ruoli.
Esistono tre modi di condurre la vita matrimoniale:
1. Il modo legalistico, fatto di regole e doveri che, a causa dell’imperfezione umana nessuno può adempiere pienamente. In un matrimonio così impostato abbonderanno le accuse, i conflitti e le tensioni che sfoceranno in frustrazioni da cui ciascuno si difenderà usando comportamenti falsi, maschere d’ipocrisia che rendono simili agli impiegati che eseguono i compiti loro assegnati per timore del licenziamento. Una vita matrimoniale del genere, priva di una vera relazione, rende infelici, stanca, appesantisce, suscita il desiderio di evasione.
2. Il modo materialista, che dà valore a tutto ciò che è ispirato dalla carne e che tende a realizzare tutte le cose che si crede possano appagare: una casa propria, una famiglia, dei figli, ecc., ma purtroppo tutto quello che viene dalla carne produce delusione, divisione, tristezza, stanchezza, amarezza, depressione.
3. Il modo voluto da Dio: nella fede e nella grazia. La grazia, applicata al rapporto coniugale, dà senza chiedere nulla in cambio e il suo dare è il risultato di una relazione d’amore che genera vita, gioia e pace, fa sì che i coniugi vivano nel piacere di stare insieme, mantengano vivo l’impegno di amarsi con tutto il cuore e di servirsi in ogni situazione. Questo modello divino di matrimonio, in cui i comportamenti e le azioni sono motivate dall’amore, è realizzabile solo dai veri credenti.
Galati 5:13 Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà; soltanto non usate questa libertà per dare un’occasione alla carne ma servite gli uni gli altri per mezzo dell’amore.
Servirsi per amore: questa deve essere la motivazione nel rapporto col nostro coniuge, come deve esserlo in quello con Dio e con i fratelli, ma per instaurare la relazione matrimoniale secondo il modello divino, occorre conoscerlo, sapere cos’è la grazia e aver chiaro che essa dà senza aspettarsi nulla in cambio.
Occorre la Grazia di Dio per affrontare la relazione matrimoniale.
Dio ama l’unità, non la separazione; ama l’altruismo, non l’egoismo; vuole che nel matrimonio ci sia intimità e che il rapporto tra i coniugi sia improntato a sincerità, apertura, dialogo, comprensione e condivisione.
Se tutto questo manca, ci si sente soli e insoddisfatti, si può finire col cercare compensi altrove, anche in relazioni extraconiugali. Situazioni del genere costituiscono per il maligno un terreno fertile in cui seminare discordia e tentazioni, perché la solitudine espone di più ad esse. Se tra i coniugi non c’è un’intimità vera, che coinvolga lo spirito, l’anima e il corpo, s’innalzano muri di separazione e nasce il desiderio di evadere.
Per potere condividere la propria vita con un’altra persona ci vuole la grazia di Dio che aiuta ad accettarsi, sopportarsi, capirsi, rispettarsi, perdonarsi, rinunciare ai propri diritti.
Nel piano di Dio il matrimonio non deve essere fondato su doveri e regole, che se non sono supportati da una relazione suscitano ribellione, ma sull’amore, sulla stima, sulla fiducia e sulla grazia, che aiutano ad assolvere i doveri coniugali.
Come i figli si mostrano refrattari alle regole, se non hanno una relazione con i loro genitori, così avviene ai coniugi, quando alla base della loro unione manca una vera relazione.
Molti di noi provengono da famiglie impostate sul modello legalistico, nelle quali non c’era manifestazione d’amore, ma conoscendo la Parola di Dio, noi cristiani abbiamo il dovere di adottare i modelli del Signore.
Occorre la Grazia di Dio per accettare responsabilità personali nel modello divino, rappresentato da Cristo e dalla Chiesa.
Il rapporto tra coniugi deve essere come quello tra Cristo e la Chiesa: un rapporto di grazia. Come Cristo ama la Chiesa, così il marito deve amare la propria moglie che, altrimenti, rifiuterà di essergli sottomessa come prescrive la Parola di Dio in Efesini 5:24.
Efesini 5:32-33 Questo mistero è grande; or lo dico in riferimento a Cristo e alla chiesa. Ma ciascuno di voi così, ami la propria moglie come ama se stesso; e similmente la moglie rispetti il marito.
Nella relazione matrimoniale, trattarsi reciprocamente con grazia genera rispetto e incoraggiamento, valorizza, sostiene, non sospetta il male, non è diffidente, non soffoca, come fanno la gelosia e l’egoismo.
Occorre la Grazia di Dio per adempiere il non facile ruolo di marito e moglie.
L’apostolo Pietro afferma che la moglie è, assieme al marito, coerede della grazia della vita.
1Pietro 3:7-9 Similmente voi, mariti, vivete con le vostre mogli con la comprensione dovuta alla donna, come al vaso più debole (delicato), e onoratele perché sono coeredi con voi della grazia della vita, affinché le vostre preghiere non siano impedite… non rendendo male per male od oltraggio per oltraggio ma, al contrario, benedite, sapendo che a questo siete stati chiamati, affinché ereditiate la benedizione.
Il versetto 7 evidenzia la diversità naturale della donna rispetto all’uomo ed esorta quest’ultimo ad avere comprensione nei suoi riguardi, altrimenti le sue preghiere saranno impedite. Il versetto 8 esorta a benedirsi nella famiglia, perché benedicendo riceviamo a nostra volta benedizione. Questa è la legge della grazia: dare per ricevere; benedire per essere benedetti; perdonare per essere perdonati.
In definitiva questi versetti ci dicono che dalla nostra relazione matrimoniale dipende la nostra vita spirituale.
La grazia ci dà quello di cui abbiamo bisogno, non ciò che meritiamo, ed è fondata su un patto di amore incondizionato.
La donna non è diversa dall’uomo solo fisicamente, lo è anche per sensibilità, modo di parlare e di ragionare, qualità intuitive, con la conseguenza che ha bisogni diversi.
Un matrimonio fondato sulla grazia è caratterizzato da quattro comportamenti pratici che consentono all’amore di non spegnersi.
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Accettare reciprocamente le differenze e non adoperarsi per cambiare il coniuge, ma capire che la diversità non serve per combattersi, ma per completarsi.
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Mostrare la propria vulnerabilità sin da prima del matrimonio, far conoscere le proprie debolezze e i propri difetti, non nascondersi dietro maschere, per timore di essere criticati e non accettati. Nascondere i propri difetti e limiti non serve a nulla, verranno a galla subito dopo il matrimonio! Meglio farsi conoscere da subito e instaurare un rapporto improntato a sincerità e onestà.
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Permettere all’altro di sbagliare e non aspettarsi troppo dal coniuge. Quello dei due che quando sbaglia si trova di fronte ad atteggiamenti severi e di accusa, si sentirà rifiutato e cercherà di nascondere i propri errori, ma inevitabilmente avrà reazioni di mutismo che comprometteranno inesorabilmente il rapporto coniugale. Ricordiamoci che quando sbagliamo Dio è sempre pronto a perdonarci; facciamolo anche noi col nostro coniuge!
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Dire sempre la verità, perché dà sicurezza all’altro e ispira la sua fiducia, inoltre permette al Signore di operare nella casa, cosa che non può fare dove regna la menzogna.
Se riusciamo a stabilire un rapporto matrimoniale fondato sulla grazia, vi regneranno l’intimità, l’amore, la gioia e la libertà; se invece alla sua base ci sarà il legalismo, si finirà col ritrovarsi soli, demoralizzati, scontenti, costretti a nascondersi dietro maschere d’ipocrisia e possibilmente a cercare appagamento in vizi o in altre relazioni.
1Pietro 3:7 Similmente voi, mariti, vivete con le vostre mogli con la comprensione dovuta alla donna, come al vaso più debole, e onoratele perché sono coeredi con voi della grazia della vita, affinché le vostre preghiere non siano impedite.
Non possiamo coltivare la nostra vita spirituale indipendente da quella matrimoniale, né viverla a suo discapito, dobbiamo necessariamente legarle insieme, perché la vera vita spirituale è quella che si vive nella famiglia, istituzione che merita massima cura e attenzione, non esistendo al mondo nessun’altra cosa che possa gratificarci in sua sostituzione. La nostra benedizione inizia a casa nostra!