Poiché la predicazione della croce è pazzia per quelli che periscono, ma per noi, che veniamo salvati, è la potenza di Dio; infatti sta scritto:«Io farò perire la sapienza dei saggi
e annienterò l’intelligenza degli intelligenti
».


Dov’è il sapiente? Dov’è lo scriba? Dov’è il contestatore di questo secolo? Non ha forse Dio reso pazza la sapienza del mondo? Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione.

 I Giudei infatti chiedono segni miracolosi e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo e per gli stranieri pazzia; ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini. (1Corinzi 1:18-25)

L’estate è ormai alle porte. E’ la stagione per i viaggi e di un viaggio vorrei parlarvi oggi.

Un lungo viaggio non solo di qualche settimana ma di vari mesi e anni che ha intrapreso l’apostolo Paolo.

Lui ha fatto tanti viaggi missionari in tutto il Mediterraneo e nel corso del suo secondo viaggio ha incontrato la giovane comunità di Corinto.

Ci troviamo in Grecia; Corinto è una città di mare o meglio è situata sul canale che collega il golfo di Corinto con il golfo Saronico. All’epoca Paolo alloggiava dai coniugi Prisca e Aquila e lavorava come fabbricante di tende mentre predicava a Corinto.

Il piccolo gruppo di cristiani diventava pian pianino una comunità più stabile nell’anno e mezzo in cui Paolo stava a Corinto. – Ve lo immaginate di ospitare per un anno e mezzo un predicatore straniero a casa vostra? La chiese locale cresceva nonostante problemi e resistenze. Paolo battezzava delle persone, soprattutto delle classi sociale più basse e portava tante persone verso la fede. Però l’apostolo non voleva fermarsi in una singola città. Per questo affidò la guida della chiesa di Corinto ad Apollo e proseguiva sulla sua strada.

Dopo un po’ di tempo scrive la sua prima lettera alla chiesa che l’aveva ospitato per tanto tempo e non è una lettera di ringraziamento. Dopo le prime gentilezze arriva subito al ‘dunque’. Scrive che la forte crescita della chiesa ha dato loro alla testa e che hanno dimenticato l’essenziale. Iniziano a litigare, si formavano vari gruppi all’interno della chiesa che si appellano alla persona che li ha battezzati. C’era il gruppo di Apollo e quello di Paolo, il gruppo di Cefa e addirittura il gruppo di Cristo. Questo era troppo per Paolo e quindi scrive quella lettera nella quale richiama tutta la chiesa al vero centro dell’annuncio.

La predicazione della croce è pazzia per quelli che periscono, ma per noi, che veniamo salvati, è la potenza di Dio; infatti sta scritto: «Io farò perire la sapienza dei saggi

E annienterò l’intelligenza degli intelligenti». Dov’è il sapiente? Dov’è lo scriba? Dov’è il contestatore di questo secolo? Non ha forse Dio reso pazza la sapienza di questo mondo? Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione. I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia; 24 ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Il brano biblico che l’apostolo Paolo scrive e che abbiamo ascoltato è un discorso di rottura, un forte testo di contestazione, che è il centro della nostra fede. A noi possono suonare ovvie le parole di Paolo: «Noi predichiamo Cristo crocifisso». Ma l’apostolo vuole richiamare i credenti di Corinto a non predicare più su altre fantasie e personaggi illustri perché solo Cristo è stato crocifisso per noi e non un altro.

Paolo non sviluppa nella sua lettera alla chiesa di Corinto una teologia che si spiega da sola, come un sistema logico. Il messaggio di Paolo non è logico, però è il messaggio che Gesù stesso ha voluto che Paolo portasse in tutto il mondo. Paolo racconta di quella croce. La sua teologia consiste nell’annuncio che Gesù Cristo è reale e che questa morte reale non era uno sbaglio ma la liberazione dell’umanità. Questo non è un messaggio che si può cogliere col pensiero. Paolo stesso afferma che la sua teologia è pazzia davanti alla saggezza umana. Vuol dire che noi oggi non riusciamo a spiegare con parole “scientifiche” che cosa sia successo sulla croce del Golgota. È un messaggio folle che Dio Padre faccia morire il suo unico e amato figlio di una simile morte e che tutto ciò alla fine sia la vittoria e il simbolo per la nostra salvezza. La predicazione della croce è stata sempre e rimane una predicazione folle che non si riesce a cogliere con la propria saggezza.

L’apostolo parla del fatto che la fede nel Cristo crocifisso è centrale e i credenti di Corinto avevano perso questa centralità. E’ molto pungente nel cercare di frantumare un’immagine di Dio distorta; Paolo vuole ricollocare la croce al suo posto, da dove è stata tolta via.

Perché tutto questo? Cos’era successo in quella chiesa?

Nella chiesa di Corinto vi erano divisioni, alcuni si schieravano con la teologia di Apollo, altri con quella di Cefa, l’apostolo Pietro, altri ancora con Paolo stesso. L’apostolo ricorda invece che la fede non si fonda né sulla teologia di uno, né sulla filosofia di un altro, né sulla scienza, né su qualche persona, spirituale per quanto possa essere.

Una parte dei credenti di Corinto fondava la propria fede nei miracoli: Dio c’è solo dove interviene con opere potenti, e non c’è dove non ci sono miracoli. «Dio ha fatto questa guarigione, vedete? Vuol dire che è dalla nostra parte». Altri credenti si stupivano davanti a tale ingenuità e fondavano il loro cristianesimo su tesi filosofiche che spostavano la fede nell’ambito della ragione.

Paolo mette scompiglio sulle tesi dei due gruppi perché nessuno di loro sentiva il bisogno di credere e annunciare che Cristo era morto sulla croce.

Per l’apostolo Paolo, l’annuncio dell’Evangelo parte da un fondamento certo: Cristo che è stato crocifisso. Annunciare altro significava annunciare un cristo diverso, non quello che Dio aveva mandato e nel quale, Dio si era donato all’umanità.

Altra cosa è credere solo sul Cristo glorioso, sul Cristo terapeuta e guaritore, sul Cristo che pronuncia discorsi altamente filosofici. Perciò Paolo afferma:

«Quando venni da voi, non venni ad annunciarvi la testimonianza di Dio con eccellenza di parola o di sapienza; poiché mi proposi di non sapere altro fra voi fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso… affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza, ma sulla potenza di Dio» (2,1.5).

Ma per i greci era una follia credere nell’annuncio di un uomo morto e, per di più, di morte violenta; era una pazzia fondare la fede su un segno infamante e umiliante come la croce; meglio era fondare la predicazione e la fede sull’immagine di un Dio glorioso, che è presente ovunque, che guarisce tutti, fondatore della sapienza e della scienza e di tutto ciò che è comprensibile e intelligibile, perché lui stesso è sapienza. A questa teoria, tutti i greci potevano credere e convertirsi al cristianesimo, ma non erano disposti a credere in un Dio morto e, per di più, crocifisso.

Per l’apostolo è la croce di Cristo la sapienza di Dio, Paolo spiega che la predicazione non è un annuncio filosofico, non è l’annuncio miracolistico delle opere di Dio, ma è semplicemente l’annuncio della nuda croce dove Dio ha dato se stesso per tutti.

La croce è il luogo dove Dio si presenta a noi tutti, al mondo, all’umanità.

E Paolo lo sa benissimo: non si riesce a capire e spiegare questo concetto con parole umane. Ogni persona deve fallire nel tentativo di cogliere il messaggio della croce con le proprie capacità, prima di riconoscere veramente la potenza di Dio sulla croce.

La croce è per i credenti la potenza di Dio. Dynamis sta scritto nel testo greco. Lo sentiamo anche in italiano che c’è dinamica in questa parola e anche dinamite. La potenza di Dio cambia il mondo. Lì dove secondo la saggezza umana è tutto finito, cioè nella morte, proprio lì si fa vedere la potenza divina. Dio ci lascia la croce, il segno della morte come simbolo della vita eterna.

Infatti la croce è una parola che evoca violenza e brutalità. Cicerone diceva di non nominarla mai perché “porta male”.

Eppure è là, sulla croce, che accade la rivelazione di Dio; sulla croce Dio viene fino a noi e si rivela come il Dio d’amore che ci ama senza chiedere nulla in cambio.

Solo lì si possono superare le separazioni: sotto la croce di Gesù. La predicazione della croce è il messaggio di Gesù Cristo, il figlio di Dio che è andato liberamente in croce per noi; per pagare il salario del peccato che è la morte. Non è stata una morte eroica. La croce era il simbolo della maledizione e fino ad oggi è questa l’accusa che in molti rivolgono: la morte di Cristo in croce è il suo fallimento.

Dio non ha bisogno di essere legittimato da noi, non deve fare miracoli e infondere sapienza per permettere di credere in lui: la fede non si fonda su queste cose, la fede è dono di Dio e basta. Noi non crediamo perché abbiamo visto, ma crediamo perché lo Spirito Santo ha agito, silenziosamente.

La fede è possibile perché Dio si è dato per noi sulla croce, in Gesù Cristo. Ecco perché riceviamo la grazia e la salvezza gratuitamente: perché nessuno di noi può pagare il prezzo della croce, dunque la libertà di Dio di donarsi a noi.

Per i greci, predicare Cristo crocifisso significava sminuire il suo messaggio e la sua opera, ma questa è la nostra logica umana, non quella di Dio che, invece ci appare come pura follia.

La nostra logica non è quella dell’amore, ma semmai quella della giustizia violenta nel senso che per noi ha senso che Dio realizzi il suo Regno soppiantando con la sua potenza tutti i regni del mondo, distruggendo i malvagi e annientando i nemici.

Quante volte ci capita di gridare a Dio i nostri “perché?”, «perché, Dio, hai permesso questo?»; è come dire: «Se tu sei il Cristo scendi giù dalla croce!».

Ecco, i corinzi annunciavano un Cristo che era sceso giù dalla croce. La potenza di Dio risiede nel suo amore, esso non si impone, ma si propone. Contrariamente alla filosofia greca, l’apostolo predica un Dio che non mostra i muscoli della sua onnipotenza e della sua gloria distruggendo i suoi nemici, ma predica un Dio che ci viene incontro con la sola forza dell’amore che ci rende liberi.

Anche oggi, per molti cristiani, Dio c’è se esaudisce la loro richiesta di guarigione o di intervento, per loro Dio esiste perché fa miracoli, al contrario, altri non credono in Dio perché, per loro, non ha mai compiuto miracoli.

Ma Dio non si lascia legare, non si lascia catturare dalle nostre egoistiche logiche umane, dai nostri bisogni di divino e di ultraterreno.

Dio è per noi davvero, vicino a noi, ma ci attende alla croce, nel luogo della rinuncia al proprio dio su misura, nel luogo dove l’amore si compie nella sua più profonda espressività. Là, anche noi, saremo capaci di donarci a Dio e al prossimo, questo è l’effetto della croce, questo accade là dove c’è Dio: accade che ci si riconcilia con il prossimo, accade che si entra nell’orizzonte della solidarietà, della condivisione con gli altri, della comunione; ci si stringe insieme e si fa quadrato per un obiettivo comune, contro le forze del male, contro la violenza, la guerra, l’indigenza, ma anche l’illegalità, la corruzione che esercitano in modo subdolo, violenza, sopruso e prepotenza nei confronti dei più deboli.

Fino alla croce ci sono tante persone che ci seguono volentieri. Vedono Gesù come un grande maestro, un uomo buono ed ispirato. Ci vedono come una chiesa moderna e sensata, come gente onesta. Diciamo che non è male come punto d’inizio, ma quando si arriva alla croce ognuno deve prendere una decisione. Posso credere che Gesù sia morto per me? Posso credere che solo attraverso la sua morte si sia aperta per me la via verso il Padre? Sono io pronto a dare la mia vita per lui? Sono pronto a fare morire la mia saggezza e affidarmi solo a lui?

La predicazione della croce dev’essere quindi radicale perché parliamo di vita e di morte. Paolo ci dice: chi si accosta sotto la croce di Gesù si troverà quel Gesù al suo fianco quando sarà una volta davanti dal giudizio di Dio. Chi riconosce oggi Gesù come il suo salvatore, chi accetta quel sacrificio della croce, anche se non lo può cogliere con la saggezza umana, sarà salvato. Paolo scrive: per noi, che veniamo salvati, è la potenza di Dio.

La pazzia di Dio è Gesù Cristo in croce. Sulla croce succede ciò che un essere umano non può fare. Lì accade redenzione, salvezza. – Dio diventa debole sulla croce. La potenza umana fallisce perché non riesce ad avvicinarsi a Dio. Per questo Dio costruisce nella sua debolezza un ponte – Un ponte di salvezza verso la vita eterna.

Paolo richiama la chiesa di Corinto verso l’essenziale. Dice loro: smettete di litigare per delle sciocchezze e tornate verso il centro. E il centro è Gesù Cristo e il miracolo che è successo in croce.