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Proverbi 18:10

Il nome del SIGNORE è una forte torre; il giusto vi corre, e vi trova un alto rifugio.

Numeri 35:9-15

Poi il SIGNORE disse a Mosè: «Parla ai figli d’Israele e di’ loro: “Quando avrete passato il Giordano e sarete entrati nel paese di Canaan, designerete delle città che siano per voi delle città di rifugio, dove possa mettersi in salvo l’omicida che avrà ucciso qualcuno involontariamente. Queste città vi serviranno di rifugio contro chi vuole vendicare il sangue versato, affinché l’omicida non sia messo a morte prima di essere comparso in giudizio davanti alla comunità. Delle città che darete, sei saranno dunque per voi città di rifugio. Darete tre città di qua dal Giordano e ne darete tre nel paese di Canaan; saranno città di rifugio. Queste sei città serviranno di rifugio ai figli d’Israele, allo straniero e a colui che soggiornerà tra di voi, affinché vi scampi chiunque abbia ucciso qualcuno involontariamente.

Giosuè 20

Poi il SIGNORE disse a Giosuè: «Parla ai figli d’Israele e di’ loro: “Stabilite le città di rifugio, delle quali vi parlai per mezzo di Mosè, affinché l’omicida che avrà ucciso qualcuno senza averne l’intenzione, possa mettersi al sicuro; esse vi serviranno di rifugio contro il vendicatore del sangue. L’omicida fuggirà in una di quelle città; e, fermatosi all’ingresso della porta della città, esporrà il suo caso agli anziani di quella città; questi lo accoglieranno presso di loro dentro la città, gli daranno una dimora, ed egli si stabilirà fra loro. E se il vendicatore del sangue lo inseguirà, essi non gli daranno nelle mani l’omicida, poiché ha ucciso il prossimo senza averne l’intenzione, senza averlo odiato prima. L’omicida rimarrà in quella città finché, alla morte del sommo sacerdote che sarà in funzione in quei giorni, comparirà in giudizio davanti alla comunità. Allora l’omicida potrà tornarsene e rientrare nella sua città e nella sua casa, nella città da cui era fuggito”». Essi dunque consacrarono Chedes in Galilea nella regione montuosa di Neftali, Sichem nella regione montuosa di Efraim e Chiriat-Arba, cioè Ebron, nella regione montuosa di Giuda. E di là dal Giordano, a oriente di Gerico, scelsero, nella tribù di Ruben: Beser, nel deserto, nell’altopiano; Ramot, in Galaad, nella tribù di Gad, e Golan in Basan, nella tribù di Manasse. Queste furono le città assegnate a tutti i figli d’Israele e allo straniero residente fra loro, affinché chiunque avesse ucciso qualcuno involontariamente potesse rifugiarvisi e non avesse a morire per mano del vendicatore del sangue, prima di essere comparso davanti alla comunità.

Di recente ho letto un racconto di una guida alpina, che parlava di un certo numero di edifici semplici e quadrati presenti in uno dei grandi passi alpini che dalla Svizzera conducono in Italia.

Sono situati vicino al ciglio della strada, a distanze regolari e su questi (a volte sopra la porta, a volte sul ghiaccio) vengono incise le parole: “Rifugio n. 1”, “Rifugio n. 2”, “Rifugio n. 3”, ecc.

Erano destinati a rifugi per eventuali viaggiatori sfortunati che venivano sorpresi dalle improvvise tempeste che così spesso si abbattono dalle montagne bianche.

Questi “Rifugi, in estate, sono vuoti, perché raramente in questa stagione i viaggiatori sono esposti ad una tempesta alpina. È diverso, tuttavia, in inverno o in primavera, quando le valanghe cadono a cascata dalle altezze, o la neve si riversa in enormi masse.

Molti viandanti tremanti sono fuggiti con cuori grati in questi rifugi. Alcuni sono stati trasportati lì, in uno stato di insensibilità, da sconosciuti benefattori, e nel risvegliarsi gradualmente, hanno benedetto i cuori e le mani gentili che li hanno salvati da una morte certa, e che ora si stavano prendendo cura delle loro necessità. Da altri, ahimè! sono stati raggiunti troppo tardi. Salvati dalle nevi della montagna, sono stati trasportati in questi “rifugi” solo per morire.

Questo racconto mi ha riportato alla mente quello che abbiamo studiato giovedì scorso, le Città Rifugio, che Dio aveva graziosamente provveduto anticamente in Palestina per gli sfortunati omicidi.

Talvolta accadeva, nella terra di Canaan, che un ebreo, senza alcun proposito malvagio, causasse la morte di un fratello ebreo. Non intendeva infliggere alcun danno; era solo il risultato di uno sfortunato incidente.

Ma, ciononostante, per dimostrare l’avversione di Dio per lo spargimento di sangue, era passibile, secondo la legge levitica, di essere ucciso dal Vendicatore, la persona più vicina all’uomo assassinato.

Se desiderava salvarsi la vita, la sua unica possibilità di salvezza era quella di rifugiarsi in una di queste città rifugio.

Non importava quale fosse la sua età, il suo nome o la sua posizione nella vita. Poteva essere giovane o vecchio, principe o nobile, sacerdote o profeta, era esposto in ogni momento alla morte, a meno che non si avvalesse del rifugio offerto.

Non c’era tempo per indugiare. Doveva darsi alla fuga immediata. Indugiare avrebbe potuto significare morire!

Nell’Antico Testamento in particolar modo c’è una serie di brani che parlano del rifugio: in tre aree dell’Antico Testamento, Deuteronomio, Giosuè 20 e in Numeri al capitolo 35 c’è l’istituzione delle città rifugio. Giovedì abbiamo analizzato tutta la parte storica. A partite dall’entrata nella terra promessa, fino alle tribù e l’assegnazione delle 48 città ai leviti.

Erano luoghi che Dio aveva appartato in particolar modo per alcuni tipologie di persone.

Erano città destinate originariamente ai leviti cioè erano città che venivano abitate dai sacerdoti dalla tribù dei sacerdoti che non possedevano fisicamente, il territorio era diviso in 11 tribù, ma 48 città furono destinate ai sacerdoti e tra le 48 città 6 furono destinate a essere considerate città rifugio.

Questo brano che viene raccontato tre volte in Deuteronomio, in Numeri e in Giosuè nel capitolo 20 mi dà l’idea che per Dio quelle città rifugio erano un qualcosa di particolarmente importante se viene detta tre volte, se viene ricordata tre volte nella parola di Dio.

Oggi leggeremo quello che dice Giosuè, quindi dopo Mosè la generazione che conquisterà la Terra promessa. La generazione vecchia era ancora ancorata al pensiero della schiavitù, a quello che avevano lasciato. Ora c’era una nuova generazione che aveva scacciato gli abitanti di Canaa, era la nuova generazione che prendeva possesso di quella terra e le cui regole, i cui regolamenti, i cui stili di vita dovevano in qualche modo essere completamente avulsi da quello che era la cultura intorno a loro e Dio dice a Giosuè dopo la conquista, dopo aver stabilito le tribù nel territorio, dice di ricordarsi delle sei città rifugio.

Giosuè 20

Le sei città di rifugio

(Nu 35:9, ecc.; De 19:1-13)

Poi il SIGNORE disse a Giosuè: «Parla ai figli d’Israele e di’ loro: “Stabilite le città di rifugio, delle quali vi parlai per mezzo di Mosè, affinché l’omicida che avrà ucciso qualcuno senza averne l’intenzione, possa mettersi al sicuro; esse vi serviranno di rifugio contro il vendicatore del sangue. L’omicida fuggirà in una di quelle città; e, fermatosi all’ingresso della porta della città, esporrà il suo caso agli anziani di quella città; questi lo accoglieranno presso di loro dentro la città, gli daranno una dimora, ed egli si stabilirà fra loro. E se il vendicatore del sangue lo inseguirà, essi non gli daranno nelle mani l’omicida, poiché ha ucciso il prossimo senza averne l’intenzione, senza averlo odiato prima. L’omicida rimarrà in quella città finché, alla morte del sommo sacerdote che sarà in funzione in quei giorni, comparirà in giudizio davanti alla comunità. Allora l’omicida potrà tornarsene e rientrare nella sua città e nella sua casa, nella città da cui era fuggito”». Essi dunque consacrarono Chedes in Galilea nella regione montuosa di Neftali, Sichem nella regione montuosa di Efraim e Chiriat-Arba, cioè Ebron, nella regione montuosa di Giuda. E di là dal Giordano, a oriente di Gerico, scelsero, nella tribù di Ruben: Beser, nel deserto, nell’altopiano; Ramot, in Galaad, nella tribù di Gad, e Golan in Basan, nella tribù di Manasse. Queste furono le città assegnate a tutti i figli d’Israele e allo straniero residente fra loro, affinché chiunque avesse ucciso qualcuno involontariamente potesse rifugiarvisi e non avesse a morire per mano del vendicatore del sangue, prima di essere comparso davanti alla comunità.

Come ho detto quella generazione che stava entrando nella nuova terra, nella Terra promessa, era chiamata a vivere in un modo completamente diverso da quello che erano le nazioni intorno a loro e che avevano scacciato la legislazione la legge che Dio diede a quel popolo di una qualità assolutamente diversa rispetto a quello delle altre nazioni. Non esisteva il concetto delle città rifugio come tantissime altre leggi che Dio aveva dato perché Dio desiderava che gli abitanti della sua terra gli abitanti che avrebbero avuto in gestione Canaan e che avrebbero dovuto innalzare il nome di Dio in mezzo a tutti le altre Nazioni vivessero uno stile di vita completamente diverso da quello che era delle Nazioni circostanti e c’è sicuramente un aspetto pratico di queste città rifugio. Insomma non c’era una forza di polizia Nazionale all’interno del popolo di Israele e lagiustizia era applicata sulla base degli anziani delle città ma soprattutto sull’applicazione della legge di Dio.

Quindi la legge di Dio che doveva essere conosciuta dal tutto il popolo ragionava in termini di unico strumento per poter capire ciò che era giusto ciò che era sbagliato.

Ed in particolar modo per quello che riguardava la legge del taglione era quella che era naturalmente utilizzata: occhio per occhio dente per dente, vita per vita, cioè in caso di omicidio l’unica cosa che veniva richiesta in pagamento era la vita di quello che avevo ucciso l’omicida.

Poteva però capitare che qualcuno faceva un’azione o un atto nel quale involontariamente uccideva una persona. Oggi diremmo un omicidio colposo, cioè non c’è stata volontarietà, non c’era odio, ma è successo che io ho ammazzato qualcuno ora non l’ho fatto apposta ma la legge impone occhio per occhio dente per dente vita per vita.

Ho ucciso, ho tolto una vita e quindi verrà chiesta la mia.

Per questa casistica Dio predispose queste sei città rifugio.

Mi immagino l’omicida che per errore mentre tagliano un albero gli scappa l’accetta e finisce in testa a qualcun altro e lo uccide o mentre lancia una freccia per uccidere un animale va a colpire una persona quindi un omicidio involontario, la famiglia del morto reclama la legge del taglione, occhio per occhio dente.

Di conseguenza, chiunque si fosse trovato ad essere in una situazione del genere doveva correre verso una città rifugio. Erano ben conosciute da tutti e lì avrebbe trovato sicurezza e il vendicatore del sangue, cioè colui che reclamava il sangue della vittima, non avrebbe avuto accesso all’interno delle mura della città.

In quel luogo, nonostante la colpevolezza, l’omicida involontario sarebbe stato al sicuro e quelle mura, quelle città, rappresentavano veramente un luogo di rifugio.

Come quasi tutte le cose dell’Antico Testamento, come dice l’autore della lettera agli ebrei, sono ombre delle cose che dovevano avvenire.

Sono immagini che lascia l’autore dei testi dell’Antico Testamento per riportare l’attenzione dei lettori, specialmente quelli del Nuovo Testamento ad eventi, a fatti che possono ricondurlo a Gesù.

C’è un aspetto spirituale e io credo che la collocazione delle città, il motivo per cui furono collocate, la funzione, anche il nome delle città scelte ci porti a Gesù Cristo e quanto lui per te, per me oggi è un rifugio sicuro e soprattutto che cosa vuol dire per me che Gesù Cristo è il mio rifugio sicuro.

Prima di tutto quelle città furono istituite da Dio.

Fu un’azione di Dio che chiamava alla Grazia, mettere all’interno del territorio di Israele delle città che potessero essere un rifugio nella quale anche la legge di Dio la legge del taglione vita per vita non avesse effetto, fu un’azione di grazia e questo mi ricorda che Gesù Cristo, la sua venuta, il suo scopo, fu quello di portare Grazia dove la legge non poteva.

La salvezza per l’omicida non era trovata in funzione della legge perché la legge imponeva vita per vita.

La salvezza per il colpevole era nello stare in quella città che rappresentava un luogo della grazia di Dio. Il vendicatore del sangue si doveva fermare alla porta della città e di fronte agli anziani e alla parola di Dio doveva fermarsi.

Non si tocca questa persona. Sì è omicida ma non si tocca.

Quelle città ci raccontano che Cristo è l’espressione massima della grazia di Dio. Non c’è legge perché per le opere della legge nessuno sarà giustificato, nessuno potrà far leva sulla legge, no perché la legge ti condanna comunque.

La grazia di Dio in quel luogo, in quel posto, era il luogo nel quale Dio avrebbe avuto pietà e compassione. Fu un atto della volontà di Dio e fu un atto garantito dalla parola di Dio: quegli uomini, quelle donne disperate che avevano ucciso involontariamente e che si trovavano a dover affrontare una legge e probabilmente la vendetta che sarebbe arrivata perché il vendicatore del sangue avrebbe voluto la giustizia, dovevano correre garantite dalla parola di Dio.

Il fatto che entrare in quella città era una sicurezza, era dovuta al fatto che, non esisteva una sorta di possibilità di referendum popolare per abrogare la legge di Dio, non poteva esistere.

Era un luogo garantito dal fatto che Dio aveva detto: chiunque entrerà in quella città troverà rifugio.

Non importa la legge non importa se il vendicatore del sangue sta alle porte. Finché il sommo sacerdote vive nessuno potrà toccare l’omicida perché egli è garantito dalla mia parola.

C’erano in Israele città più famose, città più grandi città nelle quali ci si poteva nascondere dove si poteva fuggire, ma Dio scelse quelle specificatamente.

Allo stesso tempo, penso che oggi c’è una solo posto per poter essere sicuri ed è Gesù Cristo. E’ sulla base del suo sacrificio che noi risultiamo garantiti per quello che riguarda la grazia che Dio ci ha dato.

Tornate alla fortezza voi prigionieri della Speranza gridava Geremia alla sua generazione.

Guardiamo la mappa: 0

Si vede che erano dislocate in maniera che fossero accessibili facilmente, raggiungibili da chiunque all’interno della nazione di Israele da nord a sud da est a ovest.

Si trovavano in luoghi facilmente raggiungibili proprio chilometricamente parlando, da ogni parte del paese.

La tradizione rabbinica racconta che queste città erano messe su una sorta di altura in modo che si vedessero anche da lontano. Inoltre le strade che portavano alla città erano pulite e sicure. C’era una garanzia che arrivare a quelle città era facile e addirittura si dice che ci fosse una segnalazione di come arrivare, molti chilometri prima. Insomma quelle città erano facilmente accessibili e facilmente raggiungibili.

Credo che questa sia un’immagine meravigliosa di Gesù, la grazia di Dio che ha superato la legge, che garantisce la vita a chiunque si avvicina ad essa è facilmente raggiungibile e accessibile da tutti e nessuno che entrerà sarà rifiutato o resterà deluso.

C’è solo una cosa: che la strada pulita che porta alla rifugio in Cristo è una strada stretta, il che non vuol dire che è difficile percorrerla, ma vuol dire dal mio punto di vista che è stretta ed angusta perché devi conformarti, uniformarti a ciò che richiede l’ingresso della città.

Devi prendere la forma di chi vuole che tu entri, devi affermare di essere un colpevole, non si scappa per trovare la grazia che Cristo ti dà in maniera gratuita, totale, incondizionata e sicura.

Nel rifugio dal vendicatore del sangue, che può essere la legge, i sensi di colpa, la paura di quello che hai fatto, le conseguenze delle cose che tu hai fatto, devi passare per la strada stretta, seguire e accogliere quello che Dio dice di te e di se stesso e lì si narra che le porte della città erano sempre aperte in maniera che chiunque corresse, fuggisse dal vendicatore del sangue trovasse la strada e la porta libera e aperta.

Nessuno che entrerà sarà rifiutato o sarà deluso se passi per la strada stretta.

Una cosa interessante di queste città era che il colpevole, l’omicida, era sicuro fino alla morte del sommo sacerdote. Insomma la figura del sommo sacerdote in qualche modo rappresentava la garanzia finché era in vita lui avrebbe avuto sicuramente la vita salva all’interno della città e nessuno poteva mandarlo fuori da quella città e Gesù ci dice sempre l’autore alla Lettera agli Ebrei viene chiamato e considerato sommo sacerdote in eterno.

La vita di Cristo è eterna e non morirà mai perché ha sconfitto la morte mostrando la potenza della croce e conferma che il sacrificio che lui aveva compiuto era stato accettato da Dio attraverso la resurrezione aa vita eterna.

Cristo come sommo sacerdote è la garanzia che noi non saremo mai tolti da quella città rifugio. La sua vita è diventata la mia ed è diventata la tua.

Ho pensato: vi immaginate le persone che abitavano all’interno di questa città rifugio. Abbiamo detto che erano le città dei sacerdoti e ci si aspettava che all’interno di quelle città la vita e la legge di Dio fossero vissute e tutti i colpevoli che arrivavano potevano gustare la verità della grazia che avevano ottenuto.

Non dovevano più essere in vita, ma erano tenuti in vita, erano garantiti nella

vita perché erano accolti all’interno della città in un contesto nel quale potevano

avere una vita e cercare di avere una vita che potesse in qualche modo ricordare a loro ogni giorno che erano stati salvati per grazia.

Questo aspetto mi ha fatto pensare alle nostre vite spirituali all’interno di questa comunità.

Noi siamo i sacerdoti e siamo il popolo di Dio, un popolo che Dio si è acquistato.

Noi siamo quei rifugiati colpevoli secondo la legge che meritavamo la morte,

ma la morte eterna e oggi questo dovrebbe essere il luogo nel quale noi siamo i rifugiati, quelli che sono corsi alla rocca forte del nome di Cristo e lì abbiamo trovato rifugio, un rifugio alto.

La nostra vita, la nostra relazione, dovrebbe essere l’insieme delle azioni che facciamo all’interno non solo della nostra comunità, ma della nostra famiglia, del nostro luogo di lavoro, dovrebbero essere azioni che proclamano, esaltano la verità della nuova identità che abbiamo ricevuto in Cristo: adottati come figli, riscattati dai nostri peccati, la nostra vita dovrebbe essere un inno, come immagino fosse ogni giorno regalato ad ogni omicida all’interno delle città.

Era un giorno nuovo che Dio aveva regalato per la sua Grazia a quelle persone per poter vivere una vita che potesse davvero riconoscere la grazia e la Misericordia che Dio aveva loro dato, ma forse la cosa più bella di queste città erano i loro nomi.

Dio non sceglie città a caso, non sceglie il nome a caso. Non era solo una questione geografica per poter rendere agibile l’arrivo prima che il vendicatore del sangue facesse leva sulla legge per uccidere.

I nomi di queste città raccontano tantissimo di quello che vuol dire essere al rifugio.

La prima nell’ordine, Cades, vuol dire giustizia e questo è il mio, il tuo bisogno principale. Abbiamo bisogno di incontrare la giustizia di Dio, non la giustizia derivante dalla legge, perché per quello che riguarda la legge nessuno sarà perdonato per la giustizia che reclama la legge di Dio, nessuno potrà essere perdonato.

Occhio per occhio, dente per dente, vita per vita. Per questo Paolo scrisse nella lettera che mandò ai suoi amici a Corinto: 2Corinzi 5:21

Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui.

Se questa mattina tu sei qui ed hai gioito, goduto del fatto che Cristo ti ha perdonato, che la grazia di Dio ti ha accettato accolto perdonato è perché egli ha fatto essere peccato Gesù per te e la giustizia di Gesù è stata imputata su di te.

La seconda, Sichem, significa spalla, sostegno e trovo interessantissimo questo nome perché suggerisce l’idea che una volta che sei entrato nella città una volta che sei stato accolto dalla città che hai goduto di quella giustizia imputata di Cristo, allora puoi trovare una spalla, un sostegno. Dio non ti è più nemico, la legge non ti è più nemica perché è stata condannata, crocifissa, inchiodata sulla croce. Ora Cristo è per te un rifugio e un sostegno. Come dice il salmista un aiuto

sempre pronto nelle difficoltà, la spalla, il sostegno, nel quale affrontare la quotidianità.

Ebron, la terza delle sei città, vuol dire comunione. Quei fuggiaschi che dovevano lasciare la loro famiglia, le loro attività, le loro amicizie, il gruppo nel quale erano cresciuti forse per tutta la vita, dovevano trovare un altro gruppo di persone dovevano rifarsi una vita all’interno di queste quattro mura, di quelle Mura che circondavano la città e non soltanto trovavano la giustizia, non soltanto trovavano un sostegno e una spalla forse su cui piangere su cui sostenersi nell’affrontare la vita, quegli uomini trovavano comunione. Non è un caso che Dio metta questo ordine nelle città e tu hai trovato una nuova comunione sia con il padre e con il figlio per la mediazione di Gesù Cristo e lo Spirito Santo che come abbiamo detto stamattina ci dà il diritto di gridare al nostro padre Abba, papà.

Hai trovato una comunione nuova con Dio e con gli altri.

Bezer, quarta città significa fortezza e Rocca inespugnabile. Quella protezione incondizionata, quella sicurezza che abbiamo trovato in Cristo e che di fatto ci rende unici perché siamo tutti bisognosi di sapere non solo che c’è una grazia che è stata data verso di noi in maniera incondizionata, garantita dalla parola di Dio e

allora mi domando come mai così tante volte, ho la sensazione di essere allo scoperto. Come mai ho la sensazione di non essere protetto perché mi vengono dubbi sul fatto che Dio in qualche modo si sia dimenticato di me, che non sono protetto abbastanza, che devo trovare un modo per proteggermi alternativo.

Il fuggitivo sapeva che era all’interno di una inespugnabile, chiunque si trovava all’interno di quella città sapeva che niente poteva toccarlo perché la parola di Dio garantiva che neanche il vendicatore del sangue poteva in nessun modo toccare quell’uomo.

Ramoth, la penultima città vuol dire ricordo dell’altezza e forse mi dà l’idea l’immagine che il luogo in cui io e te siamo seduti è nei luoghi celesti in Cristo. Non soltanto sei stato perdonato, ti è stato imputata la giustizia, non solo trovi comunione, non solo trovi un rifugio sicuro, una roccia nella quale proteggerti, le ali sotto le quali ripararti, ma ci ricorda il luogo in cui tu ora sei seduto e questo ce lo dice Paolo che siamo seduti nei luoghi celesti in Cristo. Il punto di vista del mondo non conta più. Conta il luogo dove sei seduto, i tuoi pensieri, le tue aspirazioni, il modo di vedere le cose che accadono intorno a noi, non sono più dal punto di vista della terra ma sono dal punto di vista dei cieli, là dove sei seduto vittorioso in Cristo puoi guardare le cose che succedono nella tua quotidianità. Da quel luogo da quella altezza puoi reagire alle cose della vita in maniera adeguata, ma dipende dal luogo in cui sei seduto ora. Se tu sei seduto fuori dalla città, non sei seduto nei luoghi celesti in Cristo, eh beh allora diventa difficile vedere le cose dal punto di vista di Dio, diventa difficile vivere le cose dal punto e dall’ottica della prospettiva di Dio perché siamo seduti in basso. E allora sì che il vendicatore del sangue con tutto quello che gira intorno può avere un impatto su di noi.

Ci può procurare paura, dubbi e preoccupazioni.

Dopo la grazia, dopo la comunione, dopo l’alta fortezza nei luoghi celesti in Cristo allora arriva Golan l’ultima città, che vuol dire circolo completo, gioioso.

E’ il luogo più sicuro per ottenere e godere della gioia in Cristo.

Siamo completi a 360 gradi e siamo nella gioia ed è quello che io voglio vivere quando dico che Dio è il mio rifugio e se ci pensiamo bene vivere in quel rifugio ci dà la possibilità di essere esentati da tutte le preoccupazioni, le ansie, le paure, i

dubbi che possono circondarci e ci dà altrettanto la possibilità davvero grande di vivere una vita che abbia senso.

Se davvero Gesù è la nostra roccia, cioè il nome di Gesù Cristo la roccia nella quale io sto seduto, se Gesù davvero è il mio, il tuo grande rifugio e se Gesù è davvero il grande rifugio nel quale hai trovato grazia, protezione, comunione, altezza, sicurezza completezza, gioia e vita, allora hai una responsabilità enorme che non è quella di salvarti, ma è quella di innalzare con tutto te stesso il nome di Gesù Cristo, di vivere una vita da redento, da salvato, da graziato, che abbia come obiettivo unico e totale quello di proclamare il nome di quel Gesù che ti ha salvato.

Questo vuol dire vivere in un rifugio, essere sicuri e certi di avere la prospettiva che il nome di Dio la cui protezione è garantita mi spinge a vivere una vita che abbia senso con uno scopo vero