11 Questo comandamento che oggi ti do, non è troppo difficile per te, né troppo lontano da te. 12 Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi nel cielo e ce lo porterà e ce lo farà udire perché lo mettiamo in pratica?”. 13 Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi passerà per noi di là dal mare e ce lo porterà e ce lo farà udire perché lo mettiamo in pratica?”. 14 Invece, questa parola è molto vicina a te; è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica.
Siamo alla fine di Deuteronomio. Dopo 40 anni di peregrinazioni nel deserto, il popolo di Israele sta per varcare il Giordano per entrare nella terra promessa. Mosè, che sa che non vi entrerà, sta dando al popolo le ultime raccomandazioni prima di morire. I capitoli precedenti del libro vedono una ripetizione della legge, e, in particolare, ai capitoli 27 e 28, Mosè riferisce le benedizioni e le maledizioni che giungeranno sul popolo a seconda di come sarà disposto ad ubbidire o disubbidire alla parola di Dio. Mosè dispone anche che, una volta passato il Giordano, queste benedizioni e maledizioni andranno ripronunciate nella terra promessa (capitolo 27 da 11 fino a fine capitolo).
Anche al capitolo 30 i primi versetti ricordano le benedizioni che attendono il popolo qualora si disponga ad ubbidire.
Dopo aver pronunciato questi discorsi, Mosè andrà a designare Giosuè come successore per entrare nella terra promessa e prenderne possesso di fronte ai nemici. Quanto ad Aaronne, sommo sacerdote, è già morto, come leggiamo in Numeri 20, per lo stesso motivo per cui anche Mosè non potrà entrare nella terra promessa (episodio dell’incredulità di entrambi presso le acque di Meriba, sempre Numeri 20).
Il brano breve oggetto di questa riflessione non contiene benedizioni o maledizioni, e non contiene prescrizioni: contiene un’esortazione, un incoraggiamento di grande importanza.
La lettura di tutta la Legge, come sappiamo, può risultare un po’ disarmante, scoraggiante, nella consapevolezza dell’impossibilità di esservi pienamente conformi. Sappiamo che il piano di Dio, fin da allora – anzi, fin dal principio dei tempi! – era quello di mandare Gesù, senza peccato, a morire per noi, affinché per mezzo del suo sacrificio noi non fossimo più condannati per la legge ma salvati per la grazia attraverso la fede in Lui.
In queste poche parole di Mosè possiamo tuttavia già leggere un’esortazione ad obbedire di cuore a Dio, ad agire non con freddezza o distacco o, ancor peggio, con fare evitante perché tanto sappiamo che il lavoro non è alla nostra portata; al contrario, Mosè sta rivelando al popolo la chiave fondamentale per la lettura di tutte le norme che Dio ha dato loro: non pensate che ciò che è stato scritto sia venuto per mettervi in difficoltà, per godere dei vostri fallimenti, per gioire delle vostre miserie: al contrario, la legge vi è stata data affinché possiate e vogliate rispettarla, per stare bene e per essere protetti. Questa parola è nella vostra bocca e nel vostro cuore: mettetela in pratica, e prospererete.
Dio, per mezzo del rapporto diretto con il suo popolo, ha già messo nei loro cuori e nella loro bocca la parola da seguire, affinché possano custodirla con cura e tramandarla, verbalmente e con la pratica. Compito del popolo era far sì che questa Parola, piantata in loro, potesse germogliare e portare frutto e moltiplicarsi, come una pianta che, dopo aver germogliato, si riproduce diffondendo i propri semi per mezzo del vento. La nostra parola, come il vento, deve diffondere la verità della Parola, quella del Signore.
L’elenco della Legge è lungo, dettagliato, gravoso, composto a volte anche da prescrizioni di cui si fatica a capire il motivo (che però sempre c’è, fosse anche solo il desiderio di ubbidienza e comunione di Dio verso i suoi), ma Mosè vuole esortare il suo popolo: custodite la Parola, diffondetela e mettetela in pratica. POTETE FARCELA: questa è la chiave, il succo dell’esortazione. POTETE FARCELA. Non pensate che ciò che Dio ci chiama a fare sia lassù, in cielo, o laggiù, in mare, lontano e irraggiungibile.
Il comandamento del Signore viene sì dal cielo, ma per mezzo di Lui è sceso fino a noi: nell’antico testamento per mezzo di Mosè, nel nuovo per mezzo del compimento dell’atto perfetto di salvezza tramite Gesù.
Attenzione alle parole: la legge è sì difficile, ma non è TROPPO difficile. Potete farcela! Non avete bisogno di ardite imprese per conoscerla e metterla in pratica, non avete bisogno di andare chissà dove: io, tramite Mosè, ve la ho consegnata, affinché possiate metterla in pratica e custodirla. Se mi seguirete, vi attenderà un futuro ricolmo di benedizioni, come vi ho esplicitamente detto: se Dio lo dice, significa che è vero, poiché sempre le sue promesse sono mantenute.
Leggiamo che interpretazione magistrale da Paolo a questi versetti: Romani 10:6-9
6 Invece la giustizia che viene dalla fede dice così: «Non dire in cuor tuo: “Chi salirà in cielo?” (questo è farne scendere Cristo), né: 7 “Chi scenderà nell’abisso?” (questo è far risalire Cristo dai morti)». 8 Che cosa dice invece? «La parola è vicino a te, nella tua bocca e nel tuo cuore». Questa è la parola della fede che noi annunciamo; 9 perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; 10 infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati.
Guardate il senso profetico che Paolo dà a questa verità, guardate come ci spiega, alla luce della grazia, il significato che assumono le parole di Mosè: abbiamo ricevuto la Parola di salvezza, abbiamo ricevuto in Cristo la verità, noi non dobbiamo fare altro che accoglierla, custodirla, diffonderla e metterla in pratica! Non spetta a noi lo sforzo di raggiungere la perfezione, non spetta a noi il compito di andare chissà dove o di fare chissà cosa per dimostrarci più di valore rispetto ad altri. Perché? Perchese prima la perfezione del piano di Dio era stata prefigurata da Mosè che portava la legge al suo popolo, ora la perfezione del piano di Dio si è compiuta con la venuta e il sacrificio di Cristo per noi.
Non dobbiamo salire in cielo: perché? Perché Gesù lo ha già fatto vincendo la morte, dopo essere sceso per venire a noi.
Non dobbiamo andare giù nell’abisso: perché? Perché Gesù vi è già sceso, da morto, per poi risalirne da vincitore della morte.
Ha già fatto tutto Lui, e a noi spetta solo il compito di dire “Signore, ho bisogno di te, riconosco il mio peccato,voglioseguirti”.
Così come Mosè comanda di custodire la parola nella bocca e nel cuore, anche Paolo ci comanda questo alla luce del nuovo patto sancito dal sangue di Gesù: confessa Gesù come Signore con la tua bocca, condividilo, e credi nel tuo cuore che Egli è stato risuscitato dai morti per la salvezza di ognuno di noi, di chiunque lo accolga a sé.
Non c’è compito troppo difficile perché Dio è con noi, e vuole che abbiamo successo nel nostro percorso. Quella legge che potevamo seguire con il cuore ma che, e questo è necessario riconoscerlo, ci avrebbe portato, almeno una volta, almeno in qualche circostanza, ad essere mancanti, a peccare, è stata rinnovata e portata perfettamente a compimento per mezzo di Gesù, che con il suo sacrificio ha caricato su di sé il peso di quella colpa, per liberarci una volta e per sempre.
Con il cuore, v.10, si crede alla sovrana giustizia di Dio e la si segue, con la bocca lo si confessa come Signore e Salvatore.
Non c’è più condanna per chi è in Cristo Gesù. Siamo salvati in Cristo Gesù.
C’è un’altra buona notizia che ci rivela come le promesse di Dio vengono portate a compimento: abbiamo letto che seguire la Parola non è troppo difficile, e, alla luce della verità del Nuovo Testamento possiamo affermarlo con ancor più certezza.
Perché? Perché Dio vuole che abbiamo successo nel nostro cammino di fede, certo, ma non solo; perché Gesù, oltre ad essere per noi salvatore, ci è anche avvocato, certo, ma non solo; ma perché abbiamo anche, costantemente con noi, in ogni momento, lo Spirito Santo, la terza persona della trinità. Lo Spirito Santo è con noi ed in noi, ci segue, ci accompagna, ci consiglia, ci guida, ci dà quella forza che con le sole nostre risorse non potremmo mai avere. Ecco perché la verità illustrata da Mosè acquisisce ancor più valore a seguito del sacrificio di Cristo: per mezzo della fede in Lui la condanna della legge è vanificata, e lo Spirito Santo ci guida affinché possiamo trovare le forze per camminare nelle vie tracciate dal Signore.
Non siamo soli, possiamo farlo: con la tentazione, Dio ci ha dato anche le forze per poterla sostenere uscendone vincitori (1Corinzi 10:13); non per merito nostro, ma perché lo Spirito di Dio è in noi, e ci accompagna.
Questo può, anzi, deve fare la differenza tra noi e le persone del mondo, e noi dobbiamo spenderci affinché chiunque è perduto possa concretamente sperimentarlo.
La mia Parola non è troppo difficile: io, Dio, ti amo di un amore perfetto e voglio che cammini con me; io, Gesù, ti amo di un amore perfetto, sono morto per te, simpatizzo con te perché ho sperimentato la tentazione, e voglio che cammini con me; io, Spirito Santo, ti amo di un amore perfetto, voglio assisterti ed accompagnarti in ogni situazione di vita, in ogni prova, voglio guidarti, e voglio che cammini con me. “La mia Parola non è troppo difficile”, ce lo ripete ogni persona della trinità: non è troppo difficile, perché non sei solo.
Preghiamo affinché possiamo fare tesoro di questa meravigliosa verità.