Predicazione su Galati 3:1-14
Iniziamo con una contestualizzazione storica sulla lettera per capire quando e perché Paolo la scrisse. Il testo fu scritto, si presume, durante il terzo viaggio missionario di Paolo, quando si trovava a Efeso, o in Macedonia, o a Corinto, tra gli anni 54 e 57.I destinatari erano i credenti della chiese della Galazia, una provincia sotto il controllo dell’impero romano che si trova grossomodo in quella che è oggi la Turchia centrale, e nella quale sorgevano varie chiese menzionate in Atti, come Iconio, Listra, Licaonia, Derbe e Antiochia di Pisidia.
Per quale motivo Paolo scrisse la lettera? Perché in seguito alla sua visita le chiese della regione furono scosse da predicatori che, in contrapposizione alla dottrina di Paolo, e quindi alla Verità della Parola, diffondevano le cosiddette eresie giudaizzanti, ossia dottrine che, in estrema sintesi, sminuivano l’impatto della grazia sostenendo che, per essere figli di Dio non fosse sufficiente riconoscersi per fede nel sacrificio di Gesù ma che occorresse aderire alle prescrizioni della Legge di Mosè, con circoncisione e tutto il resto. I Cristiani, insomma, dovevano permanere tutti sotto la Legge e non sotto la grazia. Tale posizione era ovviamente inaccettabile, e Paolo, che voleva tenere fuori dalle chiese qualsiasi eresia per difendere tutti i credenti, si affrettò a scrivere un testo che brilla per chiarezza dottrinale ed espositiva, con il quale sconfessare l’eresia e rimettere al centro il Vangelo (“a chiunque annuncia un Vangelo diverso, sia anatema”, scrive nel primo capitolo).
I versetti letti oggi rientrano pienamente nell’esposizione argomentativa profonda e dettagliata che Paolo riteneva imprescindibile condividere con i Galati. In questo passo possiamo riconoscere tre capisaldi:
1- Solo la fede in Cristo salva
2- Dio aveva previsto tutto questo fin dal principio
3- Gesù ha pagato per le nostre colpe per rinconiliarci con il Padre
Paolo è perentorio: non possiamo allontanarci da qui. Se rinneghiamo questo, stiamo passando a un altro Vangelo. Se passiamo ad un altro Vangelo, sia anatema! Cosa vuol dire anatema? Scomunica, allontanamento, separazione completa, frattura inconciliabile.
V.1: Paolo definisce i Galati insensati: non va preso come un insulto, ma come una veemente esortazione, dura, di Paolo, per far sì che i Galati non si perdano. Vi siete fatti ammaliare, abbindolare da falsi profeti che con parole suadenti hanno fatto proselitismo con bugie. Paolo menziona la croce di Gesù, con un chiaro intento: lì sono stati piantati i peccati conessi alla Legge. La Legge di Mosè produce morte, produce separazione, poiché nessuno è in grado di seguirla in toto, e morendo su quella croce Gesù ha raccolto per intero quella maledizione che era riservata a noi. Riportare la Legge all’interno delle comunità dei Cristiani significava sconfessare Gesù, nè più, nè meno. Stare sotto la Legge e non sotto la grazia. Anatema.
Vv.2-5: Paolo scrive che i Galati hanno ricevuto lo Spirito Santo a guidarli nel momento in cui hanno con fede creduto all’insegnamento di Paolo. Non è stata la Legge a guidarli, ma lo Spirito. E quindi, insensati, dopo essere stati guidati dallo Spirito, dalla terza persona della trinità che dimora in voi per volontà del Padre, volete tornare a farvi guidare dalla carne conformandovi alle prescrizioni della legge di Mosè? Le parole delle predicazioni di Paolo (v.5), i miracoli che ha compiuto e di cui ha testimoniato sono un frutto della fede, non della Legge! La Legge di Mosè non salva, ma porta alla condanna. La condanna, proprio per questo, è stata raccolta da Gesù, e non dobbiamo in nessun modo ritornare lì.
Vv.6-9: questo gruppo di versetti vanno a dimostrare quello che abbiamo definito il secondo caposaldo: Dio aveva previsto tutto fin dal principio. Per farlo, Paolo riparte dal capostipite del popolo ebraico: Abraamo. La citazione che troviamo al versetto 6 è tratta da Genesi 15:6, quando Abramo presta fede alle parole di Dio che gli promette una vasta discendenza, ampia quanto le stelle del cielo nonostante egli non avesse figli.
Abraamo credette, ebbe fede, e ciò gli fu messo in conto come giustizia, nonostante il tutto apparisse come umanamente illogico. Paolo ci spiega come quella fede che ebbe Abraamo fu la base della salvezza per fede che appartiene, appunto, a tutti coloro che credono, Giudei e non Giudei. A riprova di tutto questo, Paolo cita qui al versetto 8 Genesi 12:3, in cui Dio promette ad Abraamo che in lui saranno benedette tutte le famiglie della terra, senza distinzione di etnia, epoca o classe sociale. Ecco, in Gesù la promessa si è concretamente realizzata, e non si può e non si deve tornare indietro. Chi lo fa, commette anatema, e non può essere accettato nella comunità dei credenti. Abraamo ebbe fede, e fu benedetto, e quella benedizione si estende a tutti coloro che hanno fede in Gesù: siamo eredi della promessa fatta ad Abraamo, e parte della sua universale discendenza, come ribadito al versetto 14 in chiusura del brano.
Vv.10-14: questi versetti servono a Paolo per ribadire il concetto della separazione netta tra l’essere sotto la Legge e l’essere sotto la grazia. Non può esservi conciliabilità tra i due concetti. Al v.10 Paolo cita Deuteronomio 27:26. Chi non rispetta anche solo una minuscola prescrizione della Legge, è maledetto e condannato. Chi mette in pratica completamente le prescrizioni della Legge, vivrà per mezzo di esse, come scritto al v.12 in una citazione tratta da Levitico 18:5. Il problema fondamentale è che nessuno poteva rispettare la Legge dal principio alla fine, nemmeno uno; di conseguenza, dalla Legge derivano solo maledizione e condanna. La giustificazione non può venir dalla Legge, la giustificazione può essere ottenuta solo per mezzo della fede in Gesù. Che tutto questo fosse già presente nel piano dell’antico testamento viene ribadito da Paolo al v.11, citando le parole profetiche del profeta Abacuc in Abacuc 2:4: il giusto vivrà per fede. Non per mezzo delle opere della Legge, poiché la legge produce condanna, ma per mezzo della fede in Gesù Cristo, unica fonte di salvezza.
Gli ultimi due versetti servono a Paolo per rafforzare tale concetto basandosi anche su una immagine inequivocabilmente potente: il corpo di Gesù sulla croce rappresenta lo strazio, la maledizione di Dio che si è riversata su suo Figlio che ha dato la sua vita al posto nostro, che è stato maledetto al posto nostro, che ha pagato per le nostre colpe per poi vincere la morte con la resurrezione riconciliandoci, una volta e per sempre, con il Padre da cui il peccato ci aveva separati. “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”, dice Gesù straziato dal dolore sul legno della croce, e in quel momento è davvero così: Gesù è diventato maledizione, è stato abbandonato da Dio, il peso di tutte le nostre colpe e dei nostri peccati è stato raccolto da Lui, che poi ha però vinto la morte, è risuscitato e regna nei cieli con il Padre. “Maledetto chiunque è appeso al legno” è una citazione che Paolo rielabora da Deuteronomio 21:22-23, in cui è scritto, nella Legge, che i rei di un reato punibile di morte dovevano essere appesi, dopo essere stati giustiziati, ad un albero, per tutta la notte, proprio come Gesù che su un legno morì. Non siamo più in quel campo, non siamo più nella condanna, non siamo più sotto la Legge, siamo sotto la grazia: la benedizione di Abraamo è transitata, per mezzo di Gesù, su tutti noi, che abbiamo fede in Lui, senza più distinzione tra Giudei e non Giudei, tra ricchi e poveri, tra uomini e donne; un unico popolo, un’unica discendenza in Cristo Gesù.
Concludendo, abbiamo tre capisaldi:
1- Solo la fede in Cristo salva
2- Dio aveva previsto tutto questo fin dal principio
3- Gesù ha pagato per le nostre colpe per riconciliarci con il Padre
Sono, appunto, capisaldi, fondamenta, basi: non possiamo allontanarci da queste. Chi lo fa, non può definirsi cristiano: preoccupiamoci di vivere con sempre maggiore consapevolezza queste basi affinché
abbiano un impatto sempre più forte nella nostra vita di tutti i giorni, e prestiamo allo stesso tempo attenzione a ciò che ascoltiamo, affinché nessun falso profeta, come stava accadendo presso i Galati, possa fare breccia nei nostri cuori e nella chiesa di Dio con parole che non vengono da Dio, e che pertanto devono rimanere lontane dalla sua comunità.
Sia lode al Signore.
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