Ezechia, re di Giuda, figlio di Acaz, dopo un periodo di coreggenza insieme al padre, divenne sovrano nel 715 ac, e rimase in carica fino al 686, quindi per 29 anni; 20 di questi da solo, gli ultimi 9 con il figlio Manasse.

Ezechia si trovò ad ereditare un regno spiritualmente disastrato dopo la gestione del padre Acaz, che si era abbandonato alle più sfrenate idolatrie, e con lui il popolo, allontanandosi completamente da Dio.

Tuttavia, Ezechia amava Dio e fin da subito si impegnò per riportare a Lui Giuda. Ripristino il culto nel tempio, ristabilire i Leviti al loro posto, distrusse tutti gli altari Pagani e gli idoli che il popolo si era costruito, e lo fece immediatamente, appena assunto il ruolo di re (2Cr 29). Lo fece con un tale zelo che in 2Re 18:5 è scritto che non vi fu alcun altro re uguale a lui, né prima, né dopo di lui. Sia Isaia che Michea svolsero il loro lavoro profetico durante il suo regno.

 

Il brano letto oggi ci aiuta chiaramente a comprendere lo zelo e l’amore per Dio, di grande esempio per ognuno di noi, che Ezechia impiegò nel regnare. Innanzitutto vediamo al versetto 1 che manda i suoi messaggeri ad annunciare la festività della Pasqua non solo in Giuda, ma anche in Israele. La divisione politica tra i due regni non contava quando si doveva lodare Dio.

Oltre a questo, vediamo che Ezechia si permise di trasgredire le prescrizioni della legge di Mose, e lo vediamo al v. 2: è scritto che la Pasqua e la festa degli azzimi furono celebrati il secondo mese. Quando dovevano essere celebrate? Le prescrizioni mosaiche prevedevano che la Pasqua fosse celebrate nella notte tra il 14 e il 15 del primo mese, il mese di Nisan, e che i successivi 7 giorni fossero dedicati alla Festa degli Azzimi. Il primo mese cadeva a cavallo tra i nostri marzo e aprile, mentre il secondo tra aprile e maggio.

Dato il disastro spirituale in cui si trovava Giuda, non vi era tempo per procedere ai riti purificatori di tutto il popolo. Tuttavia, seguendo questo principio e stando alla lettera di quanto era scritto nella Legge, quell’anno non vi sarebbero stati i requisiti per celebrare la Pasqua, e, di conseguenza, si sarebbe dovuto rimandare tutto all’anno successivo.

Tuttavia, Ezechia si permette di trasgredire, perché sa che la priorità in questo momento è di riunire il popolo sotto il giogo di Dio, di far sapere che Israele è il popolo di Dio e che vuole esserlo nei fatti.

Non c’è tempo da perdere: Ezechia sa che è necessario farlo, immediatamente, e non indugia un secondo nel mettere in atto il suo proposito. La trasgressione c’è, ma è necessaria.

Un atto se vogliamo rivoluzionario, di radicale rottura con ciò che c’era stato prima e che ci prefigura in modo evidente, profetico, quello che sarà poi l’insegnamento di Gesù: il bene prevale su tutto, l’amore per Dio e per il prossimo prevale su ogni prescrizione!

Se ci pensiamo, il rispetto della legge di Mosè doveva essere ferreo, e trasgredirla poteva comportare gravi conseguenze per via dell’ira di Dio, fino alla morte stessa. Ezechia, stando al testo, non pensa nemmeno un attimo alle conseguenze, e agisce, senza indugi, con zelo e con passione, perché sa che ciò che sta facendo è giusto agli occhi di Dio.

Non per niente la mano di Dio opera in Giuda, al v.12, e una grande folla si riunisce a Gerusalemme. I messaggeri di Ezechia sono derisi in Israele, ma anche da quel regno alcuni sopraggiungono per celebrare la Pasqua e gli Azzimi.

Nonostante l’avvenuto posticipo della festa di un mese, è scritto, al v.18, che una gran parte del popolo non aveva comunque svolto la purificazione necessaria per celebrare la Pasqua davanti al Signore, ma mangia ugualmente l’agnello. Non avrebbe potuto farlo, ma lo fa, poiché in quel momento, dopo un passato di peccato, il cuore stava dicendo chiaramente loro di farlo per riconciliarsi con Dio. Il cuore vale molto di più della pratica formale. Su questo si basa il lavoro di Ezechia. La sua preghiera, che leggiamo ai VV.18-19, è in tal senso illuminante: Signore, perdonali se non hanno esercitato il rito, perché il loro cuore è genuinamente con Te. Il Signore, infatti, li perdona. Il Signore sa che sono sinceri. Il Signore sa che un risveglio è in corso. Tutto ciò viene confermato da quanto scritto nei versetti successivi: i figli di Israele celebrano con gioia e i sacerdoti accompagnano le lodi in musica (v.21), i Leviti tornano a servire con intelligenza (v.22), e, dulcis in fundo, terminati i sette giorni della festa, il popolo è talmente contento che chiede di prolungarla, con successo, per altri sette giorni (v.23).

 

Una bella storia di fede: l’esempio di Ezechia porta il regno di Giuda ad un risveglio spirituale autentico e immediato, come mai ve ne erano stati prima (v.26, leggiamolo).

 

Cosa possiamo portarci a casa come insegnamento?

 

1- Il nostro entusiasmo e il nostro zelo nella fede sono contagiosi: più siamo gioiosi e coerenti nel portare la Parola, più si moltiplicheranno le occasioni per portarla a frutto.

 

2- Occorre fissare delle priorità, facendo prevalere la sostanza sulla forma: il nostro dovere è amare Dio, lodarlo, rendergli culto e diffondere la sua Parola. Nel fare questo, occorre essere saldamente ancorati alla Bibbia ma allo stesso tempo adeguatamente flessibili, nella giusta misura, affinché lo si possa lodare o si possa testimoniare senza impantanarsi su dettagli organizzativi, tecnici, burocratici o su piccole differenze dottrinali che non devono assolutamente bloccarci o dividerci facendoci perdere occasioni preziose di lode, comunione e testimonianza!

Sono tristi le storie di chiese che giungono a spaccature o si dividono per dispute che riguardano questioni del tutto secondarie come la preferenza per il calice o per i bicchierini nel passare il vino durante la Santa Cena, o di veti che tendono ad isolare una comunità per fatti accaduti decenni o decenni fa di cui si è ormai persa la memoria storica, o di occasioni di evangelizzazioni comuni perse perché le realtà di chiesa coinvolte hanno ritenuto opportuno concentrarsi principalmente sulle postille dottrinali che le dividono piuttosto che sul fatto che tutte credono analogamente in Gesù crocifisso che nella sua grazia ha dato la sua vita per noi per salvarci dal peccato per mezzo della sola fede in Lui. Questa è la base! Perdere occasioni per dettagli secondari significa scadere nel formalismo.

Dio non vuole che badiamo alle formalità. Dio vuole che badiamo alla sostanza, come fece Ezechia.

Ezechia avrebbe potuto dire: no, siamo fuori tempo massimo, per richiamare il popolo di fronte a Dio dopo decenni di perdizione occorrerà aspettare il prossimo anno. Correttissimo, formalmente. Tuttavia, non era quella la necessità! Non era ciò che Dio voleva da Lui! Aspettare un altro anno avrebbe significato dare spazio ad altre abominazioni per 12 mesi. Ezechia non voleva che ciò accadesse, e,sapendo di essere in linea con la volontà di Dio, seppure fuori dai canoni del formalismo, agì subito, ed ebbe ragione.

Sotto di lui Giuda prosperò, la fede del popolo tornò salda e gli furono tributati grandi onori alla sua morte. Dio lo fece prosperare, perché il suo cuore agì con zelo e passione verso il Signore, in modo costante. Anche noi, seguendo tale esempio, dobbiamo fare lo stesso.